Una scelta difficile ma obbligata

Giancarlo Giorgetti non ha un buon carattere, ma è di pasta solida e soprattutto non ama giochetti, condimento primo di ogni campagna elettorale

Una scelta difficile ma obbligata
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Giancarlo Giorgetti non ha un buon carattere, ma è di pasta solida e soprattutto non ama giochetti, condimento primo di ogni campagna elettorale. E quando dice che i soldi sono finiti, vuol dire che i soldi sono davvero finiti, bruciati in quell'immenso falò tuttora alimentato da una legge-manicomio che porta il marchio dei Cinquestelle e di cui non a caso Giuseppe Conte va spudoratamente fiero. Per bloccare l'emorragia che il Superbonus sta provocando nei conti pubblici, il ministro dell'Economia ha proposto uno stop netto alle compensazioni fiscali, rendendo il provvedimento retroattivo di qualche mese. Apriti cielo. Complice il clima elettorale che ormai si respira ovunque, l'ondata di proteste non si è fatta attendere, con in testa questa volta Forza Italia schierata in difesa di imprese e banche che ne verrebbero penalizzate, sia pure in misura meno incisiva di come era parso dalle parole di Giorgetti.

Prima di un qualunque giudizio sulla proposta e sulle reazioni, è bene un breve ripasso sull'ampiezza della voragine che per effetto del bonus 110% sta minando i nostri conti. L'ultima certificazione del Tesoro dice che dal 2020 all'aprile 2024 sono stati concessi 219,5 miliardi di euro in crediti fiscali legati a tutti i bonus edilizi, di cui 177 miliardi sono ancora da spendere e nei prossimi anni ridurranno di pari importo le entrate fiscali. E poiché la valanga dei crediti fiscali non si ferma, già nei primi mesi dell'anno, pur con le limitazioni introdotte (il provvedimento originale è stato modificato 32 volte), la spesa dovrebbe essere cresciuta di altri 4-5 miliardi legati al solo Superbonus. Insomma, quota 200 miliardi di crediti d'imposta residui potrebbe non essere lontana. Dunque, un taglio definitivo non poteva essere rinviato oltre. Chiunque lo può capire.

È pur vero, come lamenta Antonio Tajani, che l'introduzione di norme retroattive viola principi liberali consolidati, ma di fronte a quei numeri e alla prospettiva di ulteriori peggioramenti del debito non poteva che prevalere l'interesse generale su quello particolare.

E lo stop netto alla nefasta deriva è sembrato a Giorgetti il modo migliore per esaltare tale principio. Come dargli torto? Ciò che lamenta Tajani, peraltro supportato dall'associazione dei costruttori, è anche la mancanza di un confronto preventivo fra le componenti interessate.

Ma se lo scopo era raggiungere il blocco senza se e senza ma, a Giorgetti non restava che agire d'imperio: l'esito di un qualunque confronto sarebbe stato l'annacquamento del provvedimento, cosa che avrebbe allungato ulteriormente l'agonia dei nostri conti pubblici. Con conseguenze intuibili sulla credibilità del debito italiano e sul portafoglio di milioni di contribuenti.

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