Sono un uomo soddisfatto, almeno per qualche ora addirittura felice. Per due ragioni. La prima è la decisione del ministro dell'Istruzione Beppe Valditara di aver reintrodotto il latino tra le materie di studio per la scuola media. Almeno come disciplina facoltativa la dolce nenia «rosa-rosae-rosae» pulirà l'aria e si inserirà nel vociare sconclusionato e violento di rapper e trapper dentro le cuffie dei dodici-tredicenni. Dimenticavo: il ministero adesso si chiama «Istruzione e merito», e questa seconda qualificazione mi viene buona per dar merito al professor Valditara, non a caso ordinario all'università di Storia del diritto romano, di una scelta che spero ci guarirà dall'indigestione di aria fritta e americana con cui la scuola italiana ha contribuito a sbalestrare le ultime generazioni con il mito esclusivo delle «tre i» (inglese, informatica e inglese). Non intendo sottovalutarle, ma senza la elle di latino, sono tre carte che catturano inesorabilmente un'altra «i»: quella di ignoranza.
E qui aggiungo il secondo motivo di personale contentezza. Ritengo infatti di aver dato un contributo, modesto ma ostinato, a liberare il latino dalla gabbia in cui era stato rinchiuso insieme ai dinosauri, quasi fosse un attentato al progresso e all'emancipazione del popolo, restituendolo alle grinfie di preti e affini. Figuriamoci. La prima ad emarginare il latino è stata la Chiesa, ed io sono nel mazzo di quegli orfani dei ceti non abbienti che devono al latino - e al monsignore bergamasco che me l'ha insegnato al ritorno dal mio (e suo) lavoro diurno - se ho imparato l'italiano, e perciò a ragionare.
Alludo al volume Il latino lingua immortale. Perché è più vivo che mai (Mondadori, pagine 168, 18) al quale non mi vergogno di fare qui réclame perché ogni tanto è bello prendersi una rivincita. Quando lo scorso autunno il libro apparve nelle librerie so che ai sapientoni progressisti apparve un tentativo squinternato del Feltri che voleva aprire un museo nell'ospizio dove in tanti vorrebbero rinchiudermi. Tiè. E se mi permettete esiste un'altra ragione di allegrezza. Qualche volta il giornalismo, persino attraverso un pistola come me, riesce ancora a essere strumento profetico e - ritengo con qualche presunzione - ispiratore di sane riforme. Dove quelle sane oggi come oggi possono essere solo all'indietro, specie in ambito scolastico.
In un mondo al contrario, dove i ragazzi, ma anche gli adulti, appaiono turaccioli galleggianti su acque paludose, riscoprire le solide basi della nostra civiltà, coincidenti piaccia o no con il latino, significa ritrovare le fondamenta dell'esistenza.
Veniamo da lì, e non era un'origine barbarica, ma dotata di bellezza e sapienza.
(A proposito: sono felice anche perché è finalmente approdata a successo la
richiesta antica e sempre rinnovata del mio grande amico Riccardo Muti perché finalmente la storia della musica sia insegnata a scuola, e le sette note non siano limitate all'uso del piffero. Di quelli ce ne sono già fin troppi).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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