"Con la riforma si rischia l'iperpotere dei pm"

Per l'ex presidente della Camera Luciano Violante negli anni dalla politica c'è stata una cessione di sovranità alla magistratura, ma avverte: "Riequilibrio senza vendette"

"Con la riforma si rischia l'iperpotere dei pm"
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Con la separazione delle carriere “sono a rischio i diritti fondamentali dei cittadini e della stessa politica”. Per l’ex presidente della Camera Luciano Violante, un riequilibrio dei poteri tra politica e magistratura è necessario, ma va trovato “senza vendette”.

Professore, il ministro Nordio ha più volte escluso il rischio di un assoggettamento dei pm al potere politico con questa riforma. Non ci crede?

Io credo alle sue parole, ma di fatto sono state create le premesse o per un policentrismo anarchico o per un controllo politico della magistratura. Delle due l’una. La cosa che credo non abbiano colto i sostenitori di questa riforma è che danneggia i cittadini e la politica perché si crea un corpo potentissimo, autonomo, dotato di tutti i poteri. E una circolare recentemente approvata dal Csm sui progetti organizzativi delle procure, se combinata a questa riforma, avrà un effetto deflagrante.

A cosa si riferisce?

La circolare introduce negli uffici giudiziari un sistema para-assembleare, in cui vengono ridotti a zero i poteri e le funzioni del Procuratore capo. La cosa è grave, perché significa che i 1.500 pm titolari della politica criminale del Paese possono seguire modalità diverse da caso a caso, senza un indirizzo generale del vertice. In tutti i Paesi civili le procure sono organizzate gerarchicamente, risponde il capo dell’ufficio.

Tra i motivi di chi sostiene la separazione c’è anche un presunto schiacciamento dei giudici sulle posizioni delle Procure, soprattutto i gip.

Non mi pare che ci sia questo schiacciamento. L’idea della separazione delle carriere nasce da un’antica richiesta delle Camere penali di trent’anni fa. Ma allora era diverso, c’era un intreccio stretto tra procure e giudici che nel tempo, soprattutto dopo la riforma Cartabia, è stato eliminato. Ora la possibilità di cambiare funzione è stata ridotta a una sola volta, e già prima di questa modifica si contavano pochissimi casi. Ormai le due professioni sono molto diverse. Riprendere quell’idea oggi creando un corpo separato, potente e autogovernato mette a rischio la libertà dei cittadini.

Già adesso però c’è chi parla di “strapotere” dei pm.

Con la riforma da strapotere diventerebbe iperpotere.

Lei ha scritto che riequilibrare i rapporti tra politica e magistratura è però “un’esigenza fondata”. Perché?

C’è uno squilibrio che dura da cinquant'anni. Ed è colpa della politica, che ogni volta che fa una legge aumenta la possibilità di intervento dei magistrati. Pensiamo alla delega data su mafia, terrorismo, corruzione. C’è stata una cessione di sovranità da parte della politica alla magistratura.

Esiste una via per ristabilire un equilibrio?

Sì, purché non ci siano vendette. Le faccio un esempio: l’estrazione a sorte dei membri del Csm è una forma punitiva che non combatte la degenerazione correntizia, perché gli eletti, sebbene a sorte, farebbero comunque parte delle correnti.

I magistrati dovrebbero partecipare alla campagna referendaria?

Sono fermamente contrario, perché in tal caso si costituirebbero come parte e costringerebbero i cittadini a votare pro o contro di loro.

Loro però rivendicano il diritto e il dovere di partecipare al dibattito pubblico.

Il dovere principale di un magistrato è essere imparziale e apparire tale. Quando entrano nel dibattito politico perdono la loro terzietà. Il magistrato non è un cittadino come gli altri, se ha scelto quella professione sa che ci sono dei limiti determinati dalla credibilità che deve avere nei confronti dei cittadini. Ho l’impressione che un pezzo di magistratura sia caduta nella trappola.

Come può la categoria recuperare la fiducia dei cittadini?

La prima cosa è stare zitti, parlare il meno possibile.

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