Gran Casinò Madonnina: aprono 60 sale giochi

Sono 30 i locali già in funzione in città. I cittadini chiedono il numero chiuso. Gli aspiranti «biscazzieri» sono quasi tutti stranieri. E in particolare cinesi

A Milano sale la febbre per i soldi facili. Magari vinti inserendo solo un euro nelle slot machine del bar. «Madame et monsieur, fate il vostro gioco». Ed ecco che la città rischia di trasformarsi in un gran casinò. Dopo l’epoca dei saloni Bingo, nelle nove zone si registra un autentico boom di richieste per aprire sale giochi. In centro come in periferia. Soprattutto da parte di società cinesi.
Negli ultimi mesi in Comune sono arrivate ben sessanta domande: esattamente il doppio rispetto al totale delle sale giochi già attive. Se dovessero aprire tutte, vorrebbe dire che a Milano ci sarebbero qualcosa come 90 luoghi dove tentare la vincita della vita, buttando via stipendi interi. Un dato preoccupante, se si considera «il giro» equivoco che solitamente si crea intorno alle macchinette mangia-soldi e a tutto ciò che è gioco o scommessa. Tra la stazione Centrale e viale Zara, sono 16 i gestori che vorrebbero aprire una sala con slot machine e video poker. Tantissime le richieste in periferia. E qualcuna anche in centro. Pochi giorni fa Palazzo Marino ha ricevuto la richiesta di una ragazza 20enne russa che vorrebbe avviare una sala giochi vicino all’università Cattolica. Per conto di chi non è dato saperlo.
Tra gli aspiranti «croupier» ci sono tantissimi stranieri, la maggior parte cinesi: non solo in zona Paolo Sarpi, dove in realtà è stata registrata una sola richiesta e per giunta non di un cittadino asiatico, ma soprattutto nelle periferie più profonde. E problematiche.
Il vicesindaco Riccardo De Corato dichiara guerra a quelle che definisce sale «rovina famiglie» e annuncia un monitoraggio capillare, zona per zona, richiesta per richiesta, assieme alla polizia municipale. «Milano - sostiene - non può reggere un’invasione del genere. Innestare un numero così massiccio di sale giochi in zone periferiche sarebbe deleterio. A volte questi locali sono un pretesto per altri affari illeciti come la prostituzione e tutto quello che ci sta intorno».
La preoccupazione a Palazzo Marino è alta: l’autorizzazione ad aprire sale giochi non può essere negata se ci sono tutti i parametri tecnici per dare l’ok all’esercizio (lontananza dalle scuole e dagli ospedali, negozio al piano terra, ecc.). E la legge ovviamente non tiene conto della «moralità» della decisione.
«Facciamo un appello al buon senso di tutti - interviene l’assessore alle Aree cittadini, Ombretta Colli -. I quartieri non possono diventare delle piccole Las Vegas. La normativa sull’argomento non è precisa ma è chiaro che la periferia non può essere invasa da sale giochi o affini».
«Se le carte sono in regola e i vigili dicono che la sala può aprire - aggiunge l’assessore alle Attività produttive, Tiziana Maiolo - noi non possiamo opporci. Il vero problema è che quegli ambienti diventano un vero ricettacolo di giri poco chiari e aumentano i problemi di sicurezza, che già ci sono».
Dai Consigli di zona arriva una proposta.

È Massimo Girtanner, presidente di zona 6, a lanciare l’idea: «Sia fissato un numero massimo di sale giochi entro il quale concedere i permessi. Sarebbe più onesto così anziché chiedere il parere dei Consigli di zona che non hanno gli strumenti per fermare l’emorragia di richieste».

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