GRANDE FIRMA/ Se non scrivevo di lui, sparivo

GRANDE FIRMA/ Se non scrivevo di lui, sparivo

All'epoca – ma anche adesso, a pensarci bene – i giornalisti valutavano la professione secondo una loro personalissima gerarchia: in base alla quale è molto più importante fare i servizi dall'estero che dall'Italia. In realtà non è così, nonostante gli ottimi reportage degli inviati che sono sulla breccia, come gli ultimi giapponesi, a rappresentare un giornalismo d'avventura, bello e stanco: penso a Ettore Mo. Sulla distanza che corre fra le valutazioni dei giornalisti e le valutazioni dei lettori ho ricevuto una lezione illuminante più di mezzo secolo fa: e non l'ho più dimenticata.

Tra il '55 e il '56 commentavo sul «Corriere», con dei corsivi, Lascia o raddoppia? di Mike Bongiorno: un appuntamento televisivo che a quei tempi fermava l'Italia (i cinematografi interrompevano la proiezione del film in programma per lasciare spazio a Lascia o raddoppia?). I miei amici «intellettuali» mi deridevano dicendo: «Ma Mario, non ti vergogni di occuparti di quelle cretinate?».

Bene, nel '56 scoppia la guerra arabo-israeliana, la famosa crisi di Suez, uno dei fatti politici più importanti a livello mondiale degli anni Cinquanta, con l'intervento di Francia e Inghilterra poi bloccate dagli Usa mentre l'Urss minacciava l'apocalisse nucleare. Vengo inviato dal «Corriere» in Israele a seguire la guerra da uno dei fronti e per un mese firmo in prima pagina, tutti i giorni, le mie corrispondenze dal Medio Oriente, sospendendo ovviamente la mia rubrica di televisione.

Quando torno, i miei amici mi chiedono: «Mario ma sei stato in vacanza? Ultimamente non abbiamo letto niente di tuo sul giornale...». Non perdevano una riga dei commenti alla vituperata trasmissione di Mike Bongiorno, se ne infischiavano del conflitto arabo-israeliano.

Mi viene in mente quando Vittorio Feltri, uno del quale si può dire tutto ma non che non sappia cosa vogliono i lettori e come si fanno i giornali, una volta, da direttore

dell'«Europeo», mi confessò: «Se faccio una copertina sulla Bosnia perdo 10mila copie in un colpo».

(da «Gli anni del piombo - L'Italia fra cronache e storia» di con Luigi Mascheroni - Edizioni Mursia)

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