Stefano Zurlo
da Milano
Non ha alcuna intenzione di esporsi al vento delle polemiche. «Io vado dritto per la mia strada», dice Roberto Castelli. Il tema sul tappeto è sempre lo stesso: la grazia ad Adriano Sofri che, giorno dopo giorno, si riaffaccia alla vita. E pare aver superato il grave malore che lo aveva colpito nella notte fra venerdì e sabato nella sua cella, al Don Bosco di Pisa.
Signor ministro, sta cambiando idea?
«Ma no. Semmai sono cambiati i fatti. Sofri ha rischiato di morire, è stato ricoverato in ospedale, è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico».
Dunque lei è pronto a dare il via libera alla grazia?
«No, guardi i giornali mi tirano da una parte e dall’altra. Leggo che avrei preso ordini da Bossi e che Bossi mi avrebbe suggerito di attenuare la mia intransigenza: è tutto inventato. Del resto leggo di tutto in questi giorni».
Che cosa non le va giù?
«Tutti procedono alla beatificazione di Sofri, con un meccanismo quasi automatico, e contemporaneamente fanno pressing perché io firmi quel provvedimento. Non va bene».
Ma lei che intenzioni ha?
«Per me Sofri è uguale a tutti gli altri italiani».
E allora?
«Allora fino a venerdì scorso ero contrario alla concessione della grazia».
Adesso si è rimangiato quel no?
«Adesso ho dato incarico ai miei collaboratori di studiare i dossier, tutti i dossier delle grazie inviati dall’ufficio del ministro della Giustizia al Quirinale».
A che cosa serve il monitoraggio?
«Voglio vedere tutti i casi in cui la malattia e la tarda età hanno giocato a favore del perdono. Voglio paragonare il caso Sofri con quelli che gli somigliano e l’hanno preceduto in questi anni».
La malattia può essere il grimaldello per aprire la porta della clemenza?
«Non lo so. Dobbiamo studiare la situazione. Completare lo screening. Poi farò le mie valutazioni».
Quanto tempo ci vorrà per maturare una decisione?
«Ma, io penso che la settimana prossima saremo pronti. Io a quel punto mi prenderò le mie responsabilità. Ripeto: non voglio riservare a Sofri un trattamento di favore ma nemmeno assumere un atteggiamento persecutorio. Io voglio trattare Sofri come tutti gli altri cittadini. In questo momento Sofri è stato colpito da un gravissimo evento patologico che mette a rischio la sua vita e devo tenerne conto».
La ricerca è stata affidata ad Augusta Iannini, capo dipartimento per gli Affari di giustizia. Il monitoraggio è nelle sue mani. E da lei il ministro attende una relazione in tempi stretti.
Intanto, dall’ospedale Santa Chiara di Pisa, arrivano sia pure col contagocce segni di ripresa: «Le condizioni di Adriano Sofri - recita il bollettino medico letto dal primario della rianimazione Giuseppe De Iaco - permangono stabili, anche se in lieve miglioramento».
L’ex leader di Lotta continua è ancora in prognosi riservata, incosciente per l’effetto dei sedativi e la sua respirazione viene assistita dalla macchine. L’emergenza non è stata ancora superata. Ma è anche vero che, per fortuna, il malato non ha la febbre, dunque ha tenuto alla larga le infezioni, il nemico più temibile. E ha superato il primo test sull’esofago dopo l’intervento effettuato all’alba di sabato dal professor Mauro Rossi per chiudere lo squarcio scoperto nella notte.
Il dibattito sulla grazia, almeno per ora, i familiari lo lasciano volentieri ad altri.
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