«Guarisco con l’energia del suono»

Un’infanzia da nomade: dormiva sotto le stelle per lasciare la tenda mongola a sorelle e zie

Si chiama «Mantra Healing Tibetano» ed è una potente forma di guarigione che utilizza la pura energia del suono per curare i disturbi energetici a livello sottile. In parole povere, tratta la causa e la radice di disturbi e malattie invece di intervenire sui sintomi. A praticare questa e altre forme di guarigione tibetana è il dottor Nida Chenagtsang, che più volte all’anno viene a Milano per impartire i suoi insegnamenti. Lo abbiamo incontrato in occasione del corso che si svolgerà dal 13 al 15 aprile (vedi box).
Lei è nato in Tibet?
«Sono nato nel 1971 a Malho, un villaggio nella provincia di Amdo. Eravamo in nove fratelli e sorelle, dormivamo in uno yurt, la tenda dei mongoli. Io dormivo all’aperto, sotto le stelle, per lasciar spazio alle sorelle e alle zie. Era bellissimo. Ci spostavamo tre quattro volte all’anno, secondo le stagioni. Frequentavo la scuola dei nomadi, una tenda che si spostava con noi. La terra era la nostra lavagna e le dita le nostre matite».
E poi?
«A 14 anni sono andato a 250 chilometri dal mio paese, a Rebkong, in un collegio del governo cinese severo e difficile. A 17 anni sono tornato per insegnare ai nomadi più anziani di me, ma non mi prendevano sul serio. Ero giovane e ansioso di imparare. Fu così che iniziai a prendere lezione in uno dei migliori ospedali della provincia grazie alle raccomandazioni di mio padre che era un uomo politico influente. Un giorno mi mandarono a scegliere delle piante medicinali sulle montagne. Rimasi per 14 giorni. Fu lì che decisi che quella sarebbe stata la mia strada».
Dove proseguì gli studi?
«All’università di Lhasa dov’era difficilissimo entrare. Nei fine settimana andavo nei monasteri a studiare l’inglese e in vacanza a meditare in montagna e a fare pratica. Dopo 12 anni di studio partecipai a un progetto dell'Onu per aiutare i nomadi e poi feci un anno di pronto soccorso di medicina occidentale traducendo per alcuni medici, soprattutto italiani».
In Italia com’è arrivato?
«Nel ’98 fui invitato dall’Istituto Shang Shung di Arcidosso (Grosseto) per svolgere una ricerca sulla cultura tibetana. Nel 2006 ho fondato a Londra l’Accademia Internazionale per la Medicina Tradizionale Tibetana. Oggi vivo di base a Roma, ma vengo spesso a Milano».
Ritorna in Tibet?
«Sono uno dei pochi fortunati che possono entrare e uscire liberamente dalla mia terra, dove mi reco appena posso».
Le piace la nostra città?
«Milano è ben organizzata, ma non è a misura d’uomo».
La medicina tradizionale è critica nei confronti di quella tibetana?
«C’è sempre più collaborazione tra di noi e questo mi fa molto piacere; come mi fa piacere che la medicina tibetana possa portare beneficio a tutti gli uomini».


In che cosa consiste il corso che terrà a Milano nei prossimi giorni?
«Attraverso la recitazione dei mantra ci colleghiamo alle energie sottili a livello mentale, emozionale e spirituale. Mantra è una parola sanscrita che significa “salvare la mente dalla sofferenza e dalla malattia” e può essere usato per migliorare la qualità della nostra vita. Ormai è scientificamente provato».

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