Aperta la prima casa Chabad a Gaza: l'iniziativa dei soldati ebraici ortodossi

Queste istituzioni si trovano in tutto il mondo e offrono vari servizi alle comunità ebraiche. Il gesto dei militari delle Idf potrebbe scatenare forti polemiche in un momento molto delicato per Israele

Aperta la prima casa Chabad a Gaza: l'iniziativa dei soldati ebraici ortodossi
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Nel pieno dell’offensiva israeliana a Khan Younis, nel sud della Striscia, alcuni soldati ortodossi delle Idf hanno fondato la prima casa Chabad di Gaza a Beit Hanoun, città nella parte nord dell’exclave. Queste istituzioni si trovano in tutto il mondo e offrono agli ebrei locali e in viaggio cibo kosher, un luogo per pregare, iniziative educative e di sensibilizzazione per soddisfare le esigenze di tutte le comunità, indipendentemente dal grado di osservanza religiosa.

In un post su X, uno scrittore appartenente al movimento Chabad ha affermato che quei militari accenderanno le candele di Hannukah durante il periodo festivo, diffondendone la luce “a decine di migliaia di soldati delle Idf”. La corrente religiosa di cui questa squadra delle forze armate israeliane fa parte, il chassidismo, è incentrata sul rinnovamento spirituale dell’ebraismo ortodosso. Fondata nel 18esimo secolo nell’Europa centro orientale, essa guarda alla cabala come aspetto fondamentale della fede nelle comunità ebraiche e ha iniziato a fare proseliti in Israele da partire dai primi anni del novecento.

La creazione di questa casa Chabad è inevitabilmente destinata a scatenare dure polemiche. I detrattori di Tel Aviv, infatti, potrebbero vederla come un’espressione del desiderio dello Stato ebraico di tornare ad occupare la Striscia di Gaza, nonostante il premier Benjamin Netanyahu abbia più volte negato che questo sia l’obiettivo delle operazioni delle Idf. Le frange più ortodosse della popolazione ebraica, inoltre, sono già nel mirino della comunità internazionale, Stati Uniti in testa, per le violenze dei coloni ai danni della popolazione palestinese in Cisgiordania, aumentate notevolmente dall’inizio del conflitto.

Anche se è probabile che questa istituzione rimarrà aperta solo fino al termine del conflitto, il gesto dei soldati è arrivato in un momento molto delicato per Israele che, oltre alla gestione della situazione bellica e alla possibilità dell’intervento nel conflitto degli Hezbollah libanesi, si trova a fronteggiare le continue pressioni di organizzazioni come le Nazioni Unite, che chiedono una tregua e l’aumento del flusso degli aiuti umanitari, il problema sempre presente degli ostaggi ancora prigionieri delle formazioni terroristiche della Striscia e le indagini sui crimini commessi dai palestinesi durante gli attacchi del 7 ottobre.

A tutto questo, sia aggiungono anche i dissidi interni alla politica israeliana, tra critiche al governo da parte dell’opposizione e le richieste dell'estrema destra di usare il "pugno duro" contro i palestinesi.

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