"Fai in fretta, bombardano". Beirut tra macerie e guerra

Il quartier generale di Hezbollah preso ancora di mira: costante il ronzio dei droni

"Fai in fretta, bombardano". Beirut tra macerie e guerra
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«Meglio fare in fretta. Gli israeliani bombardano. Vedete queste case a fianco della strada? Tutte vuote, la gente è scappata», racconta il navigato taxista che ci viene a prendere all'aeroporto di Beirut in mezzo al deserto e con scarsi controlli. Al volante della sua macchinetta anonima percorre la superstrada che porta dalla scalo alla capitale fiancheggiando il sobborgo di Dahiya, la roccaforte di Hezbollah martellata dai caccia dello Stato ebraico. «Poco più avanti hanno centrato una stazione di servizio poche ore fa», racconta pigiando sull'acceleratore come se attendesse un altro missile da un momento all'altro.

La notte fra sabato e domenica è stata la più dura con 30 incursioni aeree nella zona Sud di Beirut, che si avvicinano sempre più pericolosamente alla capitale. La benzina della stazione di servizio ha sollevato un'altissima colonna di fumo grigio e poi nero. Hezbollah accusa gli israeliani di avere colpito un deposito vicino di bombole ad ossigeno, scorta di un ospedale, ma lo stato maggiore ebraico sostiene che le esplosioni secondaria con palle rossastre di fuoco dimostrano la presenza di arsenali dei giannizzeri filo iraniani. L'aspetto paradossale è che lungo la strada a più corsie verso il centro di Beirut le macchine si contano sulle dita di una mano e vanno tutte a manetta. Sembra quasi una terra di nessuno, ma su ogni lampione spicca il faccione di Hassan Nasrallah. Fiammanti poster a colori, nuovi di zecca, che ricordano, nella desolazione, il capo per oltre trent'anni di Hezbollah incenerito da una valanga di bombe israeliane.

Dai primi quartieri di Beirut, dove la vita continua a scorrere in un clima strano, come se tutto fosse appeso a un filo, basta salire sul tetto del nostro albergo per rendersi conto della guerra a un passo.

Una nuvola di fumo biancastro avvolge ancora la fetta di Dahiya più martellata dai caccia israeliani. Poco più in là si alzano, oramai sbiadite, delle colonne nerastre del pesante bombardamento della notte precedente. Il ronzio dei droni sopra la capitale è continuo e nessuno sembra farci più caso. I velivoli senza pilota israeliani vanno a caccia di informazioni e di comandanti di Hezbollah dall'alto per la prossima ondata di bombe che hanno decapitato il vertice e ridotto a un cumulo di macerie le basi del Partito di Dio nella zona meridionale di Beirut. Dal campo di battaglia nel Libano meridionale Hezbollah sostiene di avere respinto l'ennesima incursione, ma le Forze di difesa israeliane ribattono che stanno infliggendo pesanti perdite alla forza Radwan, l'unità di élite del partito armato sciita. Nonostante i pesanti bombardamenti e le 150 postazioni di Hezbollah (posti di osservazione, tunnel, arsenali) attaccate nelle operazioni di terra non si fermano i lanci di razzi dal Libano su Israele. Una media di oltre cento al giorno e ieri sono stati abbattuti pure due missili terra terra. Alle prime ombre della sera non si sentono più i droni e all'improvviso arriva il rumore attutito dalla lontananza, fuori Beirut, di due potenti esplosioni.

Dai minareti il muezzin, con la sua cantilena d'altri tempi, chiama i fedeli alla preghiera della sera in attesa di una nuova ondata di raid, che negli ultimi giorni partono verso mezzanotte per andare avanti fino alle tre del mattino.

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