La barba lunga, per pochi anni nera, poi sempre più bianca. Gli occhi scuri. Il turbante nero dei Sayyed, da chierico sciita erede del profeta Maometto. L’immagine di Hassan Nasrallah, il segretario generale di Hezbollah che secondo le forze armate israeliane è stato ucciso venerdì in un raid a Beirut, è diventata negli anni qualcosa di leggendario. La sua effigie appariva come una sorta di icona in Libano e in tutto il mondo sciita. La sua figura era diventata quasi sacra, non solo come segretario generale del Partito di Dio, ma come un vero e proprio leader universale, capace di condurre i suoi miliziani a diventare l’arma più pericolosa puntata contro Israele.
In questi decenni di guida, Nasrallah è di fatto diventato tutt’uno col partito, tanto che ormai è difficile pensare a Hezbollah senza la sua leadership. Era nato il 31 agosto del 1960 nei sobborghi di Beirut, la capitale dove ha trovato la morte. I genitori, originari di Bazouriyé, nel sud del Libano, si erano trasferiti nella capitale molto presto, con il padre che aveva un negozio di frutta e verdura. Una gioventù passata in un quartiere misto, dove vivevano cristiani, musulmani sciiti e sunniti, drusi. Un piccolo mondo nel cuore di Beirut, lasciato dal giovane Nasrallah con la famiglia per fuggire dalla guerra civile, e poi per recarsi a studiare teologia. Prima nella Valle della Beqaa, in Libano, poi a Najaf, la città santa degli sciiti in Iraq.
È in questi anni che Nasrallah ha costruito la sua carriera come guida carismatica degli sciiti. Prima si è unito ad Amal, il movimento su cui negli anni si è imposta la forza di Hezbollah. Poi, una volta tornato in Libano, ha deciso subito di far parte del nucleo fondativo del Partito di Dio, unendo la propria vita a quella di Abbas Moussaoui, leader di Hezbollah e ucciso da Israele nel 1992. Dopo quell’omicidio, a tutti i miliziani fu chiaro che era Nasrallah l’uomo che poteva guidare il movimento. Giovane, radicato nel gruppo, fedele al precedente leader, esperto di studi coranici, benedetto anche dal vecchio leader sciita iracheno, Mohammad Baqir al-Sadr, che secondo alcune testimonianze lo aveva individuato già da studente come futuro leader. Nasrallah aveva tutte le qualità permettersi alla testa del gruppo. E così è avvenuto.
In pochi anni, Nasrallah cambiò completamente il Partito di Dio, rendendolo una macchina perfetta e sempre più potente. Sfruttando il sistema settario del Libano, Hezbollah, grazie anche al sostegno dell’Iran, si è radicato nella società libanese diventando un tutt’uno con la popolazione sciita. Non solo un’organizzazione terrorista che aveva mietuto già centinaia di vittime soltanto dopo la sua nascita, ma anche un vero e proprio gruppo parastatale. Un’autorità in grado di rivaleggiare con le istituzioni e capace di penetrare anche in parlamento diventando presto decisiva in tutte le scelte politiche Anche perché Hezbollah aveva fatto una scelta: dopo la guerra civile non aveva dato indietro le armi.
Col tempo, Nasrallah ha costruito un esercito sempre più potente, pronto a imporsi sulle altre fazioni libanesi e soprattutto in grado di dare filo da torcere al nemico di sempre: Israele. Quel nemico che aveva ucciso il figlio primogenito di Nasrallah in uno scontro a fuoco nel 1996, al punto che si seguaci del leader, in segno di rispetto, non lo chiamavano solo Sayyed, ma anche "Abu Hadi", padre di Hadi, il figlio diventato martire. Nel 2005, la sua organizzazione fu accusata dell’omicidio del premier, Rafik Hariri. E nel 2006, dopo 10 anni dalla morte del figlio, la guerra con lo Stato ebraico rese a tutti evidente che Nasrallah aveva reso Hezbollah qualcosa di più di una “semplice” organizzazione terroristica. Era un esercito irregolare che era stato capace di impantanare Israele nel sud del Libano, al punto che lo stesso Nasrallah aveva annunciato una “vittoria divina” dopo la fine delle ostilità. Forte al punto da prendere anche per poco tempo il controllo di Beirut.
La prova si ebbe anche dopo, nel 2011, quando i miliziani sciiti libanesi penetrarono in Siria, su indicazione di Teheran, per difendere Bashar al Assad nella guerra contro lo Stato islamico e contro i ribelli. E da quel momento, Israele ebbe ben chiaro che non poteva più sottovalutare il problema a nord. Nasrallah lo sapeva, e per questo è di fatto sparito negli anni fino a rendersi invisibile. Un fantasma che parlava attraverso messaggi video e discorsi preregistrati, evitando apparizioni pubbliche, cambiando località in ogni momento.
Nel 2002, racconta il New York Times, i cronisti del quotidiano che lo intervistarono furono addirittura bendati e portati in giro per Beirut prima dell’incontro (brevissimo) con il leader. Un’ombra che però ieri è stata trovata. Lì nei sotterranei del quartier generale di Hezbollah.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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