Da Kissinger all'Iraq e Ucraina: cosa c'è dietro il ritorno della "Coalizione di volenterosi"

Il vertice di Londra ha riportato in auge una vecchia espressione in voga dagli anni Settanta nel gergo della politica estera americana

Da Kissinger all'Iraq e Ucraina: cosa c'è dietro il ritorno della "Coalizione di volenterosi"
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Una coalition of the willing, una "coalizione di volenterosi", è l'espressione partorita dal forum di domenica scorsa in quel di Lancaster House, promosso da Sir Keir Starmer. Ma non è affatto un prodotto delle ultime ore, bensì frutto di corsi e ricorsi storici.

Il concetto venne introdotto nei primi anni Settanta da Lincoln P. Bloomfield, professore al Massachusetts Institute of Technology, insieme ai suoi collaboratori, tra cui Harland Cleveland dell’Università del Minnesota. Nel 1971, Bloomfield avanzò l’idea di una coalizione di nazioni pronte a intraprendere operazioni di pace o di stabilizzazione in contesti di conflitto internazionale, come sottolineato in un suo articolo op-ed sul New York Times che sondava la possibilità di far risorge le moribonde Nazioni Unite. All'inizio dei Settanta, infatti, il pericolo principale non era la morte dell'Onu, bensì la sua condizione di invalidità permanente. Con le importanti eccezioni del Medio Oriente, del Congo e di Cipro, il Palazzo di Vetro sembrava concentrato ossessivamente su una manciata di questioni razziali e coloniali nell'Africa meridionale su cui si era rivelato impotente.

L’espressione, inizialmente concepita in un ambito teorico, divenne poi più concreta quando fu ripresa dal Segretario di Stato degli Stati Uniti Henry Kissinger nel 1973, che riconobbe la proposta di una "coalizione dei volenterosi" come un possibile strumento di cooperazione internazionale al di fuori dei tradizionali meccanismi multilaterali. Era la fine del novembre 1973, e nella sua risposta a Bloomfield sul valore teorico del concetto, l'instancabile Segretario di Stato occhialuto mostrava il suo interesse per un'applicazione pratica in Medio Oriente, nemmeno a dirlo, per giungere a un cessate-il-fuoco nella Guerra dello Yom Kippur. Kissinger intervenne con determinazione nel conflitto, cercando di ottenere una cessazione delle ostilità che fosse sì favorevole agli Stati Uniti e ai suoi alleati, ma anche mirando a mantenere l’equilibrio nella regione.

Ma è negli anni Duemila che il concetto risorge a nuova vita. La war on terror, esigeva un nuovo modo di pensare la battaglia contro il terrorismo islamico e i tradizionali nemici Usa, in primis quelli dell' "asse del male". Per questo, la Strategia per la sicurezza nazionale vergata nel settembre 2002, si arricchì di sfumature provenienti dal passato. George W. Bush ripescò l'espressione per descrivere il gruppo di nazioni che sostennero l'invasione dell'Iraq guidata dagli Stati Uniti nel 2003. Questa coalizione, che includeva paesi come il Regno Unito, l'Australia, la Spagna e la Polonia, si formò nonostante la mancanza di approvazione delle Nazioni Unite per l'azione militare.

Dal punto di vista giuridico, l'assenza di un mandato delle Nazioni Unite sollevò gravi interrogativi sulla legittimità dell'uso della forza contro l'Iraq. L'articolo 2, paragrafo 4 della Carta delle Nazioni Unite, infatti, stabilisce che gli Stati membri devono astenersi dall'uso della forza nelle relazioni internazionali, a meno che non vi sia una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che autorizzi l'azione militare o in caso di legittima difesa. La famigerata Risoluzione 1441, pur chiedendo la cooperazione dell'Iraq, non autorizzava esplicitamente l'uso della forza, e la Russia, la Cina e altri membri permanenti del Consiglio di Sicurezza si opposero fermamente all'idea di una risoluzione che autorizzasse l'intervento militare senza un consenso globale.

In assenza di un tale consenso, l'amministrazione Bush procedette unilateralmente, definendo la coalizione internazionale come una "coalizione dei volenterosi", ossia un gruppo di Paesi che avevano scelto liberamente di partecipare all'intervento. Mentre Bush fece leva sulla partecipazione volontaria, i critici sostennero che la coalizione fosse più il risultato di pressioni politiche e alleanze che di un vero e proprio consenso. Il termine si trasformò, dunque, in un simbolo della natura controversa della guerra e delle relazioni transatlantiche, mettendo in evidenza il divario tra le nazioni che appoggiarono l'intervento e quelle che lo osteggiarono.

Mutatis mutandis, le "coalizioni di volenterosi" sono tornate drammaticamente in auge.

Singolare il fatto che, questa volta, l'idea arrivi lontano da Washington, in un momento in cui le sponde dell'Atlantico non sono mai state così lontane. Questa volta è l'Europa, Regno Unito compreso, a chiedere a Washington di farsi "volenterosa".

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