Il dossier sul tavolo di Xi: "Ecco quando scoppierà la Terza guerra mondiale"

Secondo il professor Zheng Yongnian, Washington scatenerà il conflitto contro la Cina per risolvere i propri problemi interni

Il dossier sul tavolo di Xi: "Ecco quando scoppierà la Terza guerra mondiale"
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La Cina si sta preparando alla Terza guerra mondiale, il cui campo di battaglia principale sarà l’Asia-Pacifico. Ad essere convinto è il professor Zheng Yongnian, studioso che ha l’orecchio dei vertici di Pechino. Il suo saggio d’analisi sull’attuale situazione geopolitica e sul futuro che dovrebbe incombere sul Dragone è diventato virale su WeChat, il principale social network della Repubblica Popolare, e pare sia stato anche letto e commentato dal presidente Xi Jinping.

Una parte del testo è stata ripresa sul Corriere della Sera da Federico Rampini, che ne sottolinea sia la forte natura propagandistica, sia il fatto che lo studioso carichi tutta la responsabilità di un possibile conflitto globale sull’imperialismo sfrenato e aggressivo degli Stati Uniti. “Questa parte del mondo possiede tutti gli elementi suscettibili di scatenare una guerra mondiale”, scrive Zheng Yongnian, secondo cui essi vanno dagli interessi economici alla versione asiatica della Nato, dal nazionalismo alla modernizzazione militare, passando per gli Stati Uniti, il grande nemico che “non può risolvere i suoi gravi problemi interni attraverso la rivoluzione” e che, dunque, punta alle “guerre esterne”. D’altronde, secondo lo studioso, “nei tempi moderni, rivoluzione e guerra esterna sono state le due soluzioni principali ai problemi interni, e non c’è ragione per sottovalutare la possibilità che l’America vada in guerra per risolvere i suoi problemi”.

Washington, dunque, accenderà la miccia del prossimo conflitto globale. E da buona colonna del regime, lo studioso ignora completamente la postura aggressiva della Repubblica popolare nei confronti dei suoi vicini, primo tra tutti Taiwan. L’isola è ancora vista da Pechino come una provincia ribelle che prima o poi, in un modo o nell’altro, sarà riunita al resto del Paese. Vi sono poi i costanti scontri tra la guardia costiera cinese e quella filippina attorno agli atolli del Pacifico, le manovre navali, una vicinanza con la Russia che, ad oggi, è considerata la minaccia principale della Nato, e, sempre da parte della Repubblica popolare, l’ampliamento del proprio arsenale nucleare. Un atteggiamento non proprio passivo, questo, che acuisce le tensioni nel Pacifico e rende giustificato sia il Pivot to Asia statunitense, ovviamente condannato da Yongnian, sia la strategia di contenimento di Pechino adottata da Washington.

Come sottolinea Rampini, il pensiero dello studioso è quello dei vertici cinesi e, dunque, dalla sua analisi è possibile capire la strada che essi intendono intraprendere. Una via che non passa solo dalla dimostrazione dei muscoli militari, ma anche dall’economia.

La Repubblica popolare, infatti, sta costruendo un sistema basato su rinnovabili, protezionismo, filiere strategiche e approvvigionamento di materie prime essenziali, volto a permettere al Paese di resistere a colpi provenienti dall’esterno che, in futuro, potrebbero non essere sanzioni ma proiettili d’artiglieria.

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