La guerra in Ucraina è forse il primo conflitto contemporaneo spiato dal buco della serratura, seguito quasi live, al netto delle immagini di propaganda da entrambi i lati. Ci sono, infatti, soldati le cui imprese li hanno assurti a war influencer, scatenando fan e detrattori come se si trattasse di beniamini del cinema.
Molto spesso, in questi quasi tre anni di conflitto, vi sono state immagini che hanno volutamente immortalato atti di "umanità"-sempre che in guerra possano definirsi tali-fra nemici, che hanno fatto il giro del mondo. Sequenze da prendere sempre con le pinze, poiché in battaglia è difficile distinguere il vero a falso, così come i fatti dalla propaganda. E questo conflitto, da questo punto di vista, non ha nulla di più o di meno, delle guerre dei secoli che lo hanno preceduto.
In questi ultimi giorni sta facendo il giro del web un video di 8 minuti che ritrae la lotta corpo a corpo tra due soldati, ripresa dalla body cam di uno di uno dei due. Uno scontro animalesco, che nel momento più drammatico lascia spazio a un tributo di onore tra due uomini dalla divisa di diverso colore, come cantava De Andrè. Guardare quelle immagini non è semplice, ci vuole molto pelo sullo stomaco e la convinzione intima che ciò che mostrano sia vero e non un'azione da videogioco. A osservarle, per raccontarle, ci si sente colpevoli voyeur .
La telecamera appartiene a un militare ucraino, lanciatosi all'assalto di un cortile rurale, sparando. Poi, le mani insanguinate mentre cerca, forse, di ricaricare la sua arma. All'improvviso, dietro l’angolo, il suo peggior nemico: un soldato russo, anche lui ferito. La miseria della guerra si riduce alla lotta bestiale tra due esseri umani. Due uomini, le loro mani, un pugnale siberiano, le mani alla gola. Una sfida all'ultima atrocità tra l'ucraino e un soldato yakut dell'Estremo oriente. Una guerra che-a pensarci bene- non appartiene a nessuno dei due, il grande paradosso. Ma in battaglia la pietà è quasi un crimine, sebbene si continui a illudersi che il diritto internazionale moribondo possa ancora instillare gocce di umanità e dignità in una gara che ha solo una regola: mors tua vita mea. Il soldato yakut riesce a sferrare la pugnalata finale, quella letale. Lo capiamo dai gemiti del soldato di cui non conosceremo mai il volto.
L’ucraino allora comincia a relazionarsi col nemico, lentamente: “Aspetta, lasciami morire in pace. Mi hai completamente squarciato”. Chiede con voce calma: “Lasciami respirare. Fa molto male”. Il siberiano ha un orecchio tagliato. Dice all’ucraino: “Hai combattuto bene”. L’altro gli risponde: “Lasciami andare via in pace. Non toccarmi, sono finito. Lasciami morire…”. L’ucraino si accorge del movimento della lama: “Uomo, non ci provare! Lasciami morire... Vai via. Lasciami morire da solo, voglio andarmene da solo”. Il russo riesce a liberarsi della sua mano sul giubbotto antiproiettile e indietreggia. L’altro lo ringrazia: “Grazie. Sei il miglior guerriero del mondo”. Poi prende fiato e ripete: “Sei stato il migliore. Addio”. Il suo assassino replica al saluto: “Addio”. Si allontana per prendere il fucile e gli domanda per l’ultima volta: “Come stai?”. “Bene. Addio”.
Non sapremo mai cosa è accaduto dopo. Secondo i medi russi, il soldato yakut avrebbe fatto esplodere una granata sul petto dell’ucraino. Poi, un colpo di grazia con il fucile. L’ultima immagine riprende la barba della vittima, rivolto su un fianco, che gronda sangue sul terreno. La Russia ha vinto, in questi agghiaccianti 8.03 minuti di guerra.
Il video pare non essere recente, ma girato lo scorso autunno in Donetsk. Poco importa. E forse poco importerebbe perfino se fosse falso: chiariamo subito, non perché un video falso vada diffuso e tollerato, ma perché-video più video meno-è esattamente così che una guerra si svolge ancora oggi. Un conflitto annunciato come "cyber", quasi come se la distanza dalle carni del nemico avesse democratizzato in qualche modo la più sordida delle attività umane.
Invece è così che la guerra funziona: in ultima istanza, restano sempre due uomini, l'un contro l'altro armati come primitivi, uno dei quali deve soccombere. Come cent'anni fa, come nel Medioevo, come prima di Cristo. Aver scorto questo atto di umanità nella disumanità, purtroppo, non lenisce affatto il dramma: non ci fa illudere che non tutto è perduto. Purtroppo.
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