Lo "scudo", l'escalation, gli alleati. Israele a un bivio: cosa può succedere adesso

Israele ha saputo difendersi dalla vendetta degli ayatollah. Ora il problema è la "vendetta" contro l'Iran che deve essere non commisurata ma ben mirata per evitare escalation.

Lo "scudo", l'escalation, gli alleati. Israele a un bivio: cosa può succedere adesso

I sistemi di difesa di Israele hanno dimostrato il loro valore. Anche grazie all'intervento di attori regionali inattesi che hanno supportato lo Stato Ebraico nelle operazione come "atto di autodifesa". Ora Gerusalemme pensa al contrattacco, che però non troverà lo stesso benestare della Casa Bianca, sempre a fianco di Israele quando si tratta di "difesa", ma slegata da qualsiasi opzione di attacco e contrattacco per timore di un'escalation incontrollabile con l'Iran. Dalla Casa Bianca, il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana John Kirby ha ricordato che "Israele non è solo, ma non vogliamo escalation". E ha precisato: "Non cerchiamo una guerra con l’Iran. Non cerchiamo un'escalation delle tensioni nella regione". Il Gabinetto di guerra israeliano sta pianificando una strategia di risposta per vendicarsi dell'offensiva sferrato da Teheran, che ha raccolto il plauso degli hezbollah libanesi secondo cui si è trattato di un "attacco di alta qualità e senza precedenti contro Israele", elogiando la "decisione coraggiosa e saggia" di rispondere ai raid su Damasco.

Un sistema di difesa eccellente

Il 99% delle minacce aeree lanciate dall'Iran è stato soppresso dalla bolla di difesa antiaerea israeliana a vari livelli: Iron-dome, Arrow e David's Sling si sono dimostrati efficaci, anche grazie al supporto di Stati Uniti, che hanno immediatamente schierato la portaerei Uss Dwight D. Eisenhower nel Mediterraneo orientale come "scudo anti-Iran", del Regno Unito, dell'Arabia Saudita e della Giordania. Antica avversaria militare dello Stato Ebraico che ha avuto per autodifesa nei confronti dei missili da crociera che hanno invaso il suo spazio aereo per colpire il territorio israeliano. Secondo fonti del governo di Tel Aviv la scorsa notte sono stati lanciati simultaneamente 185 droni, 36 missili da crociera e 110 missili balistici da basi collocate in Iran, Iraq e Yemen. Non è stata fatta menzione di Libano e Siria come vettori di lancio. L'ipotesi che quello di Teheran fosse solo un "test" è plausibile. Per questo la tensione e lo stato di allerta rimane al massivo livello dopo due settimane in cui si annunciava un attacco imminente.

La difesa anti-missile dello Stato di Israele che attraverso una rete a quattro livelli si è dimostrata ancora una volta estremamente affidabile ed efficace nella protezione da missili balistici e razzi a corta, media e lunga gittata. Il sistema Iron-Dome basato su missili lanciatori multipli di missili “Tamir” , 20 unità per lanciatore, è entrato in azione contro missili balistici a corto raggio e droni kamikaze, mentre la. “Fionda di Davide”, o David’s Sling Weapon System, sistema antimissilistico Surface-to-Air ha garantito la protezione da missili balistici e razzi a media gittata attraverso lanciatori dotati di 16 missili ipersonici con tecnologia “hit-to-kill”. Il sistema Arrow 3 è entrato in azione per sventare minacce a lungo raggio come i missili Scud. Israele è inoltre dotata del sistema missilistico di produzione statunitense Patriot.

Il Gabinetto di guerra in fase decisionale

Il ministro israeliano della Difesa, Yoav Gallant, oggi in visita in alcune delle postazioni del sistema missilistico di difesa antiaerea Arrow 3, ha ricordato in presenza dell'ambasciatore statunitense come "Insieme agli Stati Uniti e ad altri Paesi" sia stato possibile stabilire "un’alleanza forte e potente, con coordinamento e sincronizzazione tra le istituzioni di difesa dello Stato di Israele, degli Stati Uniti e dei nostri partner. Il risultato è stato un contenimento completo delle minacce, tranne che per un margine molto, molto piccolo". Complimentandosi con l’establishment della difesa, l'intero apparato dell'Idf e i "partner" che hanno preso parte alle operazioni.

Israele si prepara ora a rispondere dall'attacco, una scelta estremamente delicata. I vertici militari e l'intelligence, sono riuniti nel Gabinetto di guerra da cui il governo dovrà decidere riguardo "l'intensità della risposta". Mentre l'intero compartimento della difesa aerea e missilistica dovrà restare in guardia. Non è escluso che quello lanciato da Teheran sia stata parte di un piano di vendetta più articolato, che potrebbe voler portare come ci si attendeva il sistema difensivo israeliano alla "saturazione". Un evento che si era registrato ad ottobre ma che adesso non può replicarsi con facilità, dal momento che il nord della Striscia di Gaza è occupata dall'Idf, e le risorse missilistiche/offensive di Hamas sono state in larga parte distrutte.

La risposta di Israele è imminente?

Il gabinetto di guerra israeliano, che si è riunito nelle prime ore di questo pomeriggio per discutere le "possibili risposte" all'attacco notturno dell'Iran per vendicare il raid di Damasco e la morte dell'ufficiale di collegamento della Forza Quds Mohammad Reza Zahedi, e del suo staff - confermando l'esistenza di una guerra ombra attiva da oltre un decennio tra Iran e Israele - potrebbe essere già giunto a una conclusione, e aver fortnito all'Aviazione Israeliana, Iaf, gli obiettivi da colpire, con buone probabilità attraverso il lancio di operazione furtive che prevederanno l'impiego di cacciabombardieri stealth - gli F-35 Adir - o di missili da crociera aviolanciati dai vettori con maggiore esperienza di combattimento: gli F-16 "Sufa" e gli F-15 "Ra'ams".

Un'operazione di questo genere potrebbe concentrarsi su proxies iraniani nel sud del Libano, dei consueti obiettivi in Iraq e Siria dove l'intelligence israeliana localizza continuamente scorte di armi provenienti dall'Iran che attraverso il passaggio nella "terra di nessuno" sono destinate a combattere lo Stato Ebraico; o potrebbe spingersi fino al territorio iraniano, mettendo nel mirino strutture chiave o obiettivi strategici che provocherebbero però l'ira degli ayathollah e un'inauspicabile escalation.

"Al momento non intendiamo estendere le nostre operazioni militari" ha riferito il portavoce dell'esercito israeliano Daniel Hagari, rispondendo alle domande dei giornalisti sulla "volontà" di reagire all'attacco dell'Iran della scorsa notte. Ricordando come le forze di difesa israeliane siano "pronte", e stiano "monitorando tutti i teatri nella regione per valutare ogni scenario".

Una posizione estremamente diplomatica che non scongiura in ogni caso il rischio di una risposta a breve termine: se all'Iran è stata avanzata una critica dagli stessi detrattori di Israele è proprio quella di aver "annunciato" troppo platealmente un'azione offensiva imminente, lasciando tutto il tempo all'avversario di preparasi all'attacco.

Una strategia vincente solo nell'accezione puramente dimostrativa, o addirittura lungimirante, se era proprio la dimostrazione di forza il vero obiettivo, e non la volontà di "rispondere" alla distruzione con altra distruzione.

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