Mentre i vertici delle Forze di Difesa israeliane valutano l'ipotesi di uno strike supplementare come rappresaglia per l'attacco che ha messo nel mirino la residenza del premier Benjamin Netanyahu, impegnato sul fronte della "mini tregua" con Hamas, i primi report sull'operazione che ha visto il coinvolgimento di quasi un centinaio di aerei da combattimento israeliani mostrano l'intensità degli attacchi, i target scelti e un dato estremamente importante per Israele.
Secondo quanto riportato da fonti israeliane nei giorni scorsi, il raid di ritorsione di sabato notte è stato condotto solo ed esclusivamente su obiettivi militari in Iran e in altri proxy, come la Siria, dove è stato sferrato l'attacco preliminare per distruggere, tra i vari obiettivi, i radar, con lo scopo di "accecare" le capacità di risposta dell’Iran. All'attacco hanno preso parte oltre 100 aerei, compresi i caccia stealth F-35I Adir, ma i protagonisti dell'attacco sono stati, come ci si attendeva, i caccia F-15I e gli F-16I. Le piattaforme d'attacco più rodate dell'Israeli Air Force. Lanciati in tre ondate di attacco, con l'appoggio di aerocisterne e velivoli per la guerra elettronica, i cacciabombardieri si sono concentrati principalmente su siti militari localizzati nelle province di Teheran, Ilam e Khuzestan.
Questa risposta all'attacco missilistico iraniano lanciato contro Israele il primo giorno di ottobre con almeno 180 missili balistici ha inserito nella lista di target, esposti in precedenza a una misteriosa fuga di notizie, "circa 20 località intorno a Teheran e nell'Iran occidentale, tra cui importanti risorse e strutture di difesa aerea legate ai programmi iraniani di droni e missili", secondo l'analisi condotta dall'Institute for the Study of War di Washington.
Gli obiettivi, le perdite e un dato importante
L'attacco di precisione israeliano, che il Jerusalem Post ha definito altisonantemente una "umiliazione storica", ha preso di mira "infrastrutture militari e strutture di difesa aerea vitali legate ai programmi iraniani di droni e missili". In particolare, secondo l'istituto statunitense, sarebbero state colpite quattro batterie di difesa aerea S-300 di fabbricazione russa che, insieme al sistema S-400, costituiscono il fulcro dei sistemi di difesa aerea dell'Iran.
Il fatto che i caccia israeliani siano riusciti a colpire e distruggere indisturbati queste batterie di difesa dovrebbe "evidenziare le relative vulnerabilità dell'S-300", in particolare contro piattaforme avanzate come il caccia F-35, e più in generale la vulnerabilità dei sistemi di difesa dell'Iran. Altre formazioni di caccia hanno sferrato i loro attacchi a "importanti siti industriali di difesa" come Parchin e Khojir. Entrambi gestiti dal Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche per "sviluppare e produrre sistemi d'arma avanzati, tra cui missili balistici a propellente solido". Il complesso di Parchin, in particolare, è stato utilizzato dall'Iran per alcuni "test di esplosivi ad alto potenziale" collegati al programma di sviluppo di armi nucleari. Nel 2015, gli ispettori internazionali hanno trovato tracce di uranio, ma questi due complessi potrebbero essere essenzialmente legati alla costruzione di un "sistema di lancio" collegato ai missili balistici che potrebbero essere armati con delle testate nucleari.
Sebbene l'attacco possa essere considerato un completo successo sul piano militare e logistico, stupiscono alcuni particolari: i raid sferrati in tre ondate avrebbero causato la morte di soli "quattro soldati iraniani, presumibilmente nei siti di difesa aerea colpiti dai jet israeliani" e tutti i caccia israeliani impegnati nelle audaci incursioni nella profondità dello spazio aereo ostile con l'Iran avrebbero fatto ritorno alle loro basi.
Al netto del fatto che i caccia israeliani che si sono alzati in volo nella notte non sono entrati tutti nello spazio aereo iraniano o in spazi aerei ostili, e non avranno portato tutti un attacco diretto ai target preselezionati, se non è stata registrata neanche una perdita, è davvero difficile ritenere l'Iran una potenza militare moderna. Dovremmo concludere che la sua bolla di difesa antiaerea, seppure in massima allerta da settimane, non è in grado di respingere un'incursione aerea come quella lanciata da Israele. Che avrà certamente seguito tutti i crismi necessari - e con questo intendiamo attacchi di guerra elettronica, cyber attacchi, diversivi e tattiche di volo - ma che, allo stesso tempo, lascia ipotizzare che l'azione sia stata davvero pianificata e bilanciata per mantenere la deterrenza e, allo stesso tempo, porre fine a questo braccio di ferro senza arrecare seri danni all'avversario.
I funzionari di Netanyahu hanno comunque smentito un rapporto diffuso dalla piattaforma Axios secondo la quale "prima degli attacchi Israele avrebbe inviato all'Iran un messaggio in cui rivelava alcuni dettagli sugli attacchi" avvertendo Teheran di non rispondere. "Israele non ha informato l'Iran prima dell'attacco, né sull'orario, né sugli obiettivi, né sulla forza dell'attacco", ha affermato il portavoce di Netanyahu.
La parola all'Iran
L'attacco sferrato da Israele è stato più limitato del previsto e la ragione sarebbe quella di privare l'Iran di un pretesto per ottenere un'escalation regionale più ampia. Anche se la tensione in Medio Oriente e la portata del conflitto sono già ora ai massimi storici. Secondo un funzionario del Dipartimento della Difesa statunitense, l'operazione militare di sabato potrebbe segnare "la fine di questo scambio di fuoco diretto tra Israele e Iran".
Il governo iraniano, che ha minimizzato la portata degli attacchi israeliani, ha affermato che l'impatto sulle capacità militari dell'Iran è stato minimo e che Teheran è "autorizzata e obbligata a difendersi". Ora la mano passa all'Iran.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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