Il Parlamento Ue vota la risoluzione Ucraina: via le restrizioni all'uso delle armi in territorio russo

Il testo è stato approvato con ampia maggioranza, soprattutto il controverso paragrafo 8: si tratta, tuttavia, di una risoluzione non vincolante

Il Parlamento Ue vota la risoluzione Ucraina: via le restrizioni all'uso delle armi in territorio russo
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La svolta europea in fatto di guerra in Ucraina potrebbe essere già arrivata, almeno da un punto di vista "morale". Il Parlamento dell'Unione, infatti, ha approvato la risoluzione relativa all'eliminazione delle restrizioni all'uso delle armi inviate a Kiev su territorio russo.

Molto ampia la percentuale dei sì: su 619 votati, 425 sono stati i voti a favore, 131 i contrari, 63 gli astenuti. "Il Parlamento europeo - si legge nel famigerato paragrafo 8 - invita gli Stati membri a revocare immediatamente le restrizioni all'uso dei sistemi d'arma occidentali consegnati all'Ucraina contro obiettivi militari legittimi sul territorio russo, che ostacolano la capacità dell'Ucraina di esercitare pienamente il suo diritto all'autodifesa secondo il diritto pubblico internazionale e lasciano l'Ucraina esposta ad attacchi contro la sua popolazione e le sue infrastrutture".

Inoltre, il Parlamento ha voluto sottolineare che la combinazione tra incapienza delle forniture di munizioni e armi e le restrizioni al loro utilizzo rischiano di vanificare gli sforzi compiuti finora; non solo, ma la risoluzione deplora la riduzione degli aiuti militari bilaterali all'Ucraina da parte degli Stati membri, dopo tante dichiarazioni di sostegno e solidariet. Anche per questo, il passaggio odierno funge da invito agli Stati membri a rispettare l'impegno assunto nel marzo 2023 del tetto di un milione di munizioni all'Ucraina, di accelerare le forniture di armi, compresi i missili Taurus.

I deputati hanno anche chiesto la rapida attuazione degli impegni congiunti in materia di sicurezza dei contratti tra l'Ue e l'Ucraina, esortando i Paesi membri a fornire sostegno militare a Kiev con almeno lo 0,25 % del loro Pil annuo. Tra le richieste accessorie, poi, quella di mantenere ed estendere la politica di sanzioni Ue contro la Russia, la Bielorussia e i Paesi e le entità non europee che forniscono alla Russia tecnologie militari a doppio uso. Gli Europarlamentari, infatti, hanno condannato, inoltre, il recente trasferimento di missili balistici dall'Iran alla Russia e chiedono un rafforzamento delle sanzioni contro Teheran e la Corea del Nord. Inoltre, auspicano l'aggiunta di un maggior numero di individui ed entità cinesi all'elenco delle sanzioni.

Va ricordato che la risoluzione non possiede carattere vincolante, sebbene sussista un valore politico, anche se ribadisce quanto già affermato il 17 luglio scorso, nella prima plenaria della legislatura. Nella risoluzione di luglio, l'Aula sottolineava che "le consegne di armi e munizioni insufficienti o in ritardo rischiano di vanificare gli sforzi compiuti finora. Esorta pertanto gli Stati membri ad aumentare sostanzialmente e ad accelerare significativamente il loro sostegno militare e potenziare la capacità delle loro industrie militari; sostiene fortemente la rimozione delle restrizioni sull'uso dei sistemi d'arma occidentali consegnati all'Ucraina contro obiettivi militari in territorio russo".

Pur invitando l'Unione e i suoi Stati membri a lavorare attivamente per ottenere il più ampio sostegno internazionale possibile per l'Ucraina e individuare una soluzione pacifica alla guerra, i deputati hanno oggi ribadito che qualsiasi risoluzione del conflitto deve basarsi sul pieno rispetto dell'indipendenza, della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina. Ritengono inoltre che la responsabilità per i crimini di guerra russi e i risarcimenti e altri pagamenti da parte di Mosca siano aspetti essenziali di qualsiasi soluzione.

Pertanto, chiedono all'Unione e ai partner di stabilire un regime giuridico per la confisca dei beni statali russi congelati dall'Ue come parte delle riparazioni all'Ucraina per gli ingenti danni subiti.

Una risoluzione sofferta che ora pone i Paesi membri di fronte a un bivio esistenziale: star fermi di fronte allo stillicidio o andare avanti, rompendo un tabù.

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