La guerra richiederà tempo: le ammissioni russe sull'attacco di Kiev a Kursk

La propaganda russa starebbe istruendo i cittadini ad abituarsi a una nuova condizione, più precaria, alla luce dell'incursione ucraina nel Kursk

La guerra richiederà tempo: le ammissioni russe sull'attacco di Kiev a Kursk
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Del "lato russo" della guerra, da due anni e mezzo a questa parte, sappiamo bene poco. Le poche notizie che trapelano giungono grazie all'opera di dissidenti e media indipendenti, che a rischio della vita raccontano i giorni oltre gli Urali. L'incursione ucraina nella regione di Kursk, così come i droni su Mosca stanno abituando i russi ad avere la guerra in casa, proprio loro che hanno sempre potuto vantare una Mosca inespugnabile per chiunque avesse provato a prenderla.

Una "nuova normalità" dopo lo sfondamento nel Kursk

Anche della reazione dei russi agli accadimenti degli ultimi giorni sappiamo poco. A raccontare come la propaganda stia procedendo con la narrazione dei fatti del Kursk c'è, fra gli altri, Meduza. La prima notizia che apprendiamo è che la sortita ucraina ha ulteriormente aumentato la percentuale di cittadini russi in forte apprensione per le sorti del conflitto e per la situazione politica attuale: quasi la metà dei russi si definirebbe "in ansia" per via della piccola invasione da parte delle forze di Kiev. Si tratta di percentuali che fanno tremare i polsi al Politburo, soprattutto perché l'invasione non si può nè negare tanto-meno censurare.

Per livellare gli umori e le ansie la propaganda ha pensato di riesumare un concetto che era già stato utilizzato sia durante la pandemia che all'inizio dell'"operazione speciale", ovvero quello di "nuova normalità". Un modo come un altro per annunciare un cambiamento drastico che tenderà comunque a sedimentarsi senza sconvolgere più nessuno. Senza chiarirne il prezzo, però. Le parole, tuttavia, restano importanti. Ciò che è necessario è non seminare il panico, anzi, pompare la fiducia del domani in qualche modo. I cittadini, infatti, devono considerare ciò che sta accadendo non come una deviazione, ma come una nuova norma, anche se temporanea. Questo tranquillizza, spiega a Meduza un tecnico dei media che collabora con il blocco politico interno dell’amministrazione presidenziale (guidato da Sergei Kiriyenko).

Riconquistare la regione del Kursk richiederà tempo

Le componenti di questa “nuova realtà” passano per l'accettazione del fatto che il nemico ha effettivamente fatto irruzione nel territorio russo ma che lo attende un'inevitabile sconfitta. Tuttavia, nessuno sa quanto tempo ci vorrà e quante risorse dovranno essere impiegate per farlo. La restituzione dei territori richiederà tempo, i russi devono aspettare. In questo modo si edulcora l'orizzonte del domani, lasciando milioni di russi senza alcuna indicazione sul futuro e senza alcuna possibilità di progettare la vita.

In questo momento, i residenti sono invitati a “indirizzare la negatività e lo shock in una direzione positiva”, ovvero a partecipare alla raccolta di aiuti per la regione di Kursk. L’amministrazione presidenziale ha già “raccomandato” che anche le autorità regionali si occupino di questo tema. Così come durante la pandemia le menti e le giornate andavano occupate per non impazzire, l'unica soluzione è tenere impegnati i cittadini, invitati ad adoperarsi. In questo modo i russi hanno la sensazione che la fine dell'incubo passi anche dalle loro mani.

Nel Kursk così come nel resto del Paese nessuno parla di tempistiche. Farlo è estremamente pericoloso: in guerra non si fanno promesse. In generale, tutti i funzionari intervistati da Meduza credono che nella regione di Kursk si andrà avanti per diversi mesi. In precedenza, il comandante del battaglione Akhmat, Apti Alaudinov, aveva fatto una previsione simile, sostenendo che le truppe russe avrebbero riconquistato i territori entro due o tre mesi e che allo stesso tempo la guerra nel suo insieme sarebbe finita.

Una nuova mobilitazione?

Nuova normalità potrebbe voler dire anche una nuova mobilitazione entro il 2024. Proprio da queste colonne, parlavano della "paralisi" di Putin legata proprio alla necessità di non sguarnire altri fronti come quello del Donetsk. A questo proposito pare che lo scontro sia arrivato già nelle stanze del potere con il gabinetto dei ministri e gli imprenditori vicini allo Stato fermamente contrari alla mobilitazione.

Un'altra chiamata alle armi andrebbe a rubare forza lavoro, distruggendo l'economia. Ma non è detto che il Cremlino "senta" queste ragioni. Quanto ai nuovi coscritti è molto probabile che saranno coinvolti in massa nei combattimenti nella regione di Kursk.

La preparazione mediatica dell’opinione pubblica su questo punto sarebbe già in corso. Ne ha parlato, ad esempio, lo stesso Alaudinov. Il ragionamento è chiaro: il nemico è arrivato in casa, dunque tutti devono partecipare al suo respingimento. Costi quel che costi.

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