Sconfitte e sfiducia: Ucraina in stallo

Il triste fine anno di Kiev: gli aiuti latitano, i russi avanzano e mancano i soldi per gli stipendi

Sconfitte e sfiducia: Ucraina in stallo
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Russi all’offensiva, aiuti occidentali e munizioni che scarseggiano, nuovo arruolamento di massa impopolare e fiducia in picchiata nel presidente Zelensky. Il 2024 non promette bene per l’Ucraina, soprattutto se i vertici del paese continuano a rifiutare, almeno a parole, qualsiasi trattativa con Mosca e si illudono di riconquistare tutti i territori perduti compresa la Crimea. Kiev ha lanciato ieri una rappresaglia con i droni al più pesante attacco missilistico di Mosca in quasi due anni di guerra. «È il modo russo di spingere verso una trattativa», spiega chi monitorizza da vicino il conflitto.

Una maniera cinica e brutale che si aggiunge all’offensiva d’inverno su sette fronti. I russi hanno conquistato Marinka e assediano Avdivka. Se cadesse la roccaforte ucraina gran parte del Donbass sarebbe perduto. L’esercito russo riprende terreno anche a Robotyne, unica reale ma sanguinosa avanzata della controffensiva estiva ucraina, che non ha raggiunto l’obiettivo di tagliare in due il fronte russo.
Altri successi tattici, attorno a Zaporizhzhia, compromettono il sogno ucraino di sbarcare in Crimea.

Zelensky deve anche tenere conto del crollo della popolarità coinciso con l’«affaticamento» occidentale nel sostegno ad oltranza allo sforzo bellico ucraino. Gli ultimi sondaggi indicano una picchiata dall’84% al 62% del gradimento della popolazione. Al contrario cresce l’appoggio al capo delle Forze armate, generale Valerii Zaluzhnyi, che ha denunciato lo stallo del conflitto entrando in rotta di collisione con il presidente. Una fonte diplomatica a Kiev fa notare che la principale preoccupazione non sono solo gli aiuti militari in calo, ma «la mancanza di fondi nelle casse dello Stato per pagare gli stipendi pubblici». L’Ucraina ha disperato bisogno dei 50 miliardi di euro dell’Ue congelati dall’Ungheria di Viktor Orban, che gli ucraini bollano come «quinta colonna russa».

Gli aiuti militari e finanziari sono crollati dell’87% con l’inizio dell’autunno. E ben 60 miliardi chiesti dalla Casa Bianca sono bloccati dal Congresso Usa. L’allarme rosso riguarda i proiettili da 155 millimetri usati per gran parte dell’artiglieria. Gli ucraini ne sparano ogni giorno fra 6mila e 8mila per tamponare i russi. Ogni colpo costa 4mila euro e gli ucraini hanno bisogno di due milioni di munizioni d’artiglieria all’anno. Gli Stati Uniti ne producono appena 300mila e l’Europa ha fornito metà del milione di proiettili promesso a Zelensky. La necessità, dopo le vaste perdite, del reclutamento di mezzo milione di uomini è un’impresa ardua che solleva critiche interne. Non solo per la mattanza al fronte, ma per il rischio di inceppare le aziende con i lavoratori al fronte. «La situazione rischia di peggiorare in primavera, dopo due annidi guerra, con i russi sempre più aggressivi - spiega la fonte a Kiev - Ci sarà qualche politico che comincerà a rompere il tabù parlando di trattative». Il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, e l’ex presidente Petro Poroshenko hanno già cominciato ad esprimere le prime critiche pubbliche a Zalensky dall’inizio dell’invasione.

I fondi sono congelati, ma il Pentagono non demorde e dal quartier generale delle forze armate americane in Europa a Wiesbaden, il comandante della Nato, Christopher G. Cavoli sta pianificando con gli ucraini i piani difensivi per il 2024. L’obiettivo è continuare a dare del filo da torcere ai russi e per questo motivo il generale Usa, Antonio A. Aguto Jr. sarà sempre più presente a Kiev. Putin punta a tracciare una linea di demarcazione lungo il fiume Dnipro per spacciarla come vittoria in vista delle elezioni di marzo, che lo riconfermeranno alla guida del Cremlino. «L’ipotesi è un congelamento del conflitto come in Corea sul 38imo parallelo», spiega la fonte da Kiev.

L’Ucraina dovrebbe ingoiare l’amputazione del 20% del territorio, ma avrebbe la strada spianata nella ricostruzione del paese e il cammino verso l’Europa. A Putin resterebbe una vittoria di Pirro dietro un muro del Donbass, alto dieci volte quello di Berlino.

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