Spari da un tank israeliano. Unifil: attacco deliberato

Presa di mira la torretta dell'avamposto di Kfar Kela. Appello di 16 Paesi Ue: rivedere le regole d'ingaggio

Spari da un tank israeliano. Unifil: attacco deliberato
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Il piano di Israele per rispondere all'attacco dell'Iran del 1° ottobre è pronto. Nel frattempo lo Stato ebraico prosegue con i raid in Libano. Secondo una fonte informata della Cnn, funzionari di Tel Aviv, tra cui il premier Benjamin Netanyahu, hanno assicurato agli Usa che la rappresaglia sarebbe limitata a obiettivi militari, e non riguarderebbe impianti petroliferi o nucleari. A Washington si aspettano che il contrattacco avvenga prima delle presidenziali del 5 novembre, ma si tratterebbe di una risposta organizzata in modo da evitare «interferenze politiche nelle elezioni americane».

In Libano, intanto, il sindaco Ahmad Kahil della città di Nabatiyeh, nel Sud del Paese, è stato ucciso in un attacco israeliano a un edificio municipale, mentre il ministero della Salute ha annunciato che in totale le vittime sono 16 e 43 i feriti. Vicino al confine si sono tenuti «violenti scontri ravvicinati» tra Idf ed Hezbollah. Come ha riferito la milizia filo-iraniana, si tratta di combattimenti «con vari tipi di armi automatiche», e nella stessa area Hezbollah ha rivendicato il lancio di un missile guidato contro un tank israeliano.

Ma l'incidente più grave ha riguardato di nuovo l'Unifil. I caschi blu di Kfar Kela, nel Libano meridionale, hanno osservato un carro armato israeliano Merkava sparare contro la loro torre di guardia. Due telecamere sono state distrutte e la torre è stata danneggiata. «Ancora una volta assistiamo a un fuoco diretto e apparentemente deliberato su una posizione Unifil». Dura la nota di 16 Paesi europei: «Necessario rivedere le regole d'ingaggio, Unifil deve operare in maniera più efficace e sicura».

Al Palazzo di Vetro di New York, intanto, si è tenuta una nuova riunione del Consiglio di Sicurezza Onu, e l'ambasciatore israeliano Danny Danon ha condannato i «vili atti terrorismo» compiuti negli ultimi giorni da Hezbollah, assicurando che «non rimarranno senza risposta». Lo Stato ebraico «continuerà a fare tutto quello che è necessario dentro e fuori i nostri confini per smantellare le infrastrutture terroristiche» del gruppo, ha aggiunto. E riguardo la lettera degli Usa che chiedeva di aumentare l'accesso degli aiuti a Gaza o di veder tagliata l'assistenza militare statunitense, Danon ha affermato che «c'è un dialogo in corso. Lavoriamo per trovare il modo di assicurare e migliorare la consegna degli aiuti. Ci sono ostacoli sul terreno, la colpa è di Hamas, non mancano gli aiuti, il problema è la logistica». In ogni caso dopo «l'ultimatum» dell'amministrazione Biden, nel Nord di Gaza sono arrivati i primi aiuti umanitari in due settimane. In totale 145 camion con cibo, prodotti per l'igiene, latte in polvere per neonati e attrezzature per rifugi, sono entrati nella Striscia attraverso i valichi di Kerem Shalom e Erez.

L'ambasciatrice americana all'Onu Linda Thomas-Greenfield, tuttavia, ha affermato che questo «non è abbastanza. Sono necessarie molte, molte altre consegne e continueremo a fare pressione affinché avvenga».

La politica della fame a Gaza sarebbe «orribile e inaccettabile», ha proseguito: «Il governo di Israele ha affermato che questa non è la loro politica, che il cibo e altre forniture essenziali non saranno tagliate, e noi osserveremo che le azioni di Israele sul campo corrispondano a questa dichiarazione». Inoltre, ha ribadito di aver chiarito con il governo dello Stato ebraico «che deve fare di più per affrontare l'intollerabile e catastrofica crisi umanitaria nella Striscia».

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