Hahne: «Vi spiego perché vendo parlando di Dio»

Parla l’autore di «La festa è finita»: bestseller da 900mila copie che denuncia l’edonismo della società senza valori cristiani

da Berlino
È difficile che un libro contenente un’analisi negativa e spietata della nostra società, scritto in forma di saggio, tutto centrato sui temi dell’etica e della morale, quindi senza intreccio e personaggi, senza concessioni allo scandalismo, diventi un successo editoriale. Eppure è proprio ciò che è avvenuto in Germania con un best seller per cento settimane in testa alle classifiche, La festa è finita, basta con la società del divertimento di Peter Hahne, ora pubblicato anche in Italia con lo stesso titolo dell’edizione tedesca e una prefazione di Maurizio Belpietro (Marsilio, traduzione di Laura Bocci, pagg. 116, 10 euro). In Germania ha venduto finora 900mila copie, una grande azienda ne ha addirittura comprate 17mila per regalarle ai suoi dipendenti, in molte scuole è stato adottato come libro di testo e i giornali delle chiese cattolica ed evangelica lo consigliano come lettura obbligatoria.
L’autore, Peter Hahne, è un notissimo giornalista della tv tedesca, commentatore politico, moderatore di programmi di successo, editorialista del Bild am Sonntag, l’edizione domenicale del Bild Zeitung. Un personaggio atipico nel panorama dei massmedia perché prima di dedicarsi al giornalismo ha studiato e insegnato teologia. E nel libro si sente perché è nell’allontanamento da Dio che Hahne individua la fonte dei mali della società tedesca e nella riscoperta di Dio la sua salvezza.
Signor Hahne come spiega il successo del suo libro?
«Devo dire che mi ha sorpreso. Quando consegnai il manoscritto all’editore pensai che avrebbe venduto un migliaio di copie al massimo. A chi poteva interessare un libro che fin dalle prime righe dice che Dio deve tornare al centro della politica? E invece evidentemente ho toccato un nervo scoperto. Molta gente si è riconosciuta nella mia analisi della società».
Der Spiegel ha scritto: la gente legge La festa è finita perché trova troppo difficile leggere Joseph Ratzinger. È d’accordo?
«Non so se sia proprio così. Ma condivido molte delle preoccupazioni del Papa. La società tedesca, come altre società occidentali, ha rinnegato le proprie radici cristiane dimenticando che le radici sono fonte di nutrimento, di energia, di forza. Senza radici una pianta muore e senza radici una società non ha futuro».
Che cosa la spinge a dire che abbiamo rinnegato le radici cristiane?
«Il fatto che oggi il valore supremo è far festa, divertirsi, godersi la vita il più possibile. Siamo una società dove nascono sempre meno bambini. Nel 2050 ci saranno dodici milioni di tedeschi in meno. E perché? Perché i bambini sono un costo in più che costringe i genitori a rinunciare a comodità e divertimenti. E quei pochi che nascono vengono programmati compatibilmente con le possibilità finanziarie di una famiglia. Siamo un Paese dove le chiese sono vuote tanto che vengono trasformate in supermercati e cinematografi mentre le discoteche sono superaffollate. Guardi cosa succede il venerdì santo: è una giornata di festa e dovrebbe essere dedicata al raccoglimento e invece le statistiche ci dicono che è uno dei giorni in cui ristoranti e locali di divertimento guadagnano di più. Ormai gli unici luoghi di preghiera affollati in Germania sono le moschee. Tutto è in funzione del bisogno di far festa. Anche il mondo del lavoro è stato trasformato: tra ferie, ponti, festività e malattie, il tedesco lavora in media tre giorni alla settimana, gli altri quattro sono dedicati agli svaghi».
Come si è arrivati alla società del divertimento?
«È la conseguenza della demolizione sistematica dei valori forti maturati sul solco della tradizione cristiana. Per questo parlo di società che ha rinnegato le proprie radici. Tutto è incominciato con la crisi della famiglia cui spetta proprio il compito di trasmettere le radici, cioè la cultura ereditata dai padri. Non solo questo compito è stato delegato alla scuola, che non è assolutamente all’altezza, ma molti genitori si rifiutano di trasmettere i valori ereditati o perché non ci credono più o perché troppo occupati ad inseguire agiatezza e successo. Il risultato è che le nuove generazioni si ritrovano ricche economicamente quanto povere di punti di riferimento. C’è stata poi l’ondata del Sessantotto e del post-Sessantotto, un movimento finalizzato ad abbattere le vecchie regole per creare una società dove tutto è permesso, dalla droga ai pornoshop. A questo proposito trovo molto felice l’espressione che ho letto nella prefazione italiana di Maurizio Belpietro: “Lotta continua ha prodotto festa continua”».
Festa continua fino a quando?
«In realtà la festa è già finita o sta per finire. E ad accelerarne la fine è lo shock dell’11 settembre. Dopo quella data nulla sarà più come prima perché la sfida lanciata dal fondamentalismo islamico non riguarda solo l’America ma tutto l’Occidente. Finora la nostra risposta è stata debole proprio perché siamo una società priva di convinzioni oltre a quella della difesa del nostro benessere e di un sistema senza divieti ma anche senza ideali. Predichiamo il dialogo e la tolleranza, e questo è molto bello, ma a guardare bene la realtà la nostra disponibilità al dialogo e alla tolleranza nasce dalla riluttanza ad un confronto tra i valori della nostra cultura, che abbiamo rinnegato, e quelli di altre culture. Siamo tolleranti per comodità e pigrizia. Un grande conoscitore dell’Islam, Peter Scholl-Latour, ha detto: “Non temo la forza dell’Islam ma la debolezza dell’Occidente”. Sottoscrivo in pieno».
Insomma siamo all’ultimo ballo sul Titanic...
«Non sono così pessimista. Se la nostra società avrà la forza di riscoprire le sue radici, di tornare a valori forti, quelli della tradizione cristiana, sarà in grado di vincere qualsiasi confronto. L’importante è riportare Dio nelle famiglie, nelle scuole, nella comunicazione ma soprattutto nell’azione politica. La speranza appartiene alla vita come il respirare ma solo la fede può produrre speranza».
Vede segni in questa direzione?
«Pochi ma ci sono. Le difficoltà economiche, la mancanza di posti di lavoro, il calo del reddito reale, l’incertezza delle pensioni, stanno evidenziando i limiti finanziari del sistema e questo provoca una certa sazietà di risate e divertimenti.

Di questo, almeno qui in Germania, i media stanno prendendo atto. Testate laiche come Die Zeit e Der Spiegel hanno dedicato molto spazio al ritorno nelle librerie della Bibbia. E su un piano molto più modesto anche il successo inaspettato di La festa è finita è un segno confortante».

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