"Ho riscoperto i grani antichi per far star bene mia moglie"

Nell'azienda agricola si coltivano specie rare come timilia e russello, salvati dall'oblio negli Anni Trenta

"Ho riscoperto i grani antichi per far star bene mia moglie"

Duro come quel grano che fa bene, duro come il sacrificio e l'impegno a coltivare quella terra che i suoi coltivavano da sei generazioni. Duro come un traguardo difficile da raggiungere ma che, finalmente, oggi gli consente di mietere risultati. È l'incipit di una storia e di una vita interamente legata all'agricoltura, quella di Michele Cancemi, 49 anni, e, prima, di suo padre Ignazio, mezzadro nella tenuta di un conte della zona e, prima ancora, di nonni e bisnonni.

Contrada Marcato D'Arrigo, nell'area di Caltanissetta, per intenderci. È qui che, giorno dopo giorno, è cresciuto nella famiglia Cancemi l'amore per quei semi di grani antichi che erano finiti nell'oblio, imposto dalle mode. Una sorta di battaglia per gli ideali e per la tradizione che, da queste parti, sono riusciti a vincere grazie all'aiuto della stazione di Granicoltura per la Sicilia, un istituto, pensate un po', voluto da Mussolini negli Anni Trenta e che, all'insaputa del mondo (se si escludono, appunto, i pochi tenaci agricoltori della zona) ha continuato sommessamente a fare il lavoro per cui era stato edificato, cioè selezionare e conservare le varie specie di grano. «Se non ci fosse stato questo istituto - sottolinea con orgoglio Michele Cancemi- un patrimonio nutrizionale prezioso sarebbe andato perduto e invece oggi in Sicilia abbiamo 52 varietà di grani antichi, il germoplasma più ricco del mondo. Io ho cominciato a coltivare grani antichi oltre dieci anni fa per cercare di risolvere i problemi di intolleranza al glutine di mia moglie e anche e soprattutto quelli della sua glicemia, decisamente troppo alta. E sa che cosa ho scoperto dopo un'attenta ricerca e grazie alla collaborazione dell'Istituto di Granologia? Che proprio uno dei grani più antichi, la timilia risulta essere il cereale più salutistico in assoluto con un indice glicemico bassissimo e un glutine quasi assente e quindi in quantità tale da poter essere assimilato senza problemi anche da chi ne è intollerante». Un seme gettato sulla fiducia? «Diciamo che all'inizio la nostra era una produzione praticamente per la famiglia perché non c'era un gran mercato dei grani antichi. La gente era troppo abituata al pane morbido, alla pasta che non scuoce, ma pian piano anche con la nostra vetrina online di Artimondo, il mercato è aumentato in modo esponenziale. In Sicilia nel 2015 si coltivavano grani antichi complessivamente su non più di 20 ettari e la metà erano i miei ettari. Oggi invece siamo nell'ordine delle migliaia di ettari e la mia azienda sta dando semi a parecchi altri produttori mentre via internet stiamo spedendo semi in molti Paesi del mondo».

Ma che cosa si fa con la timilia? «Intanto va detto che la timilia è difficile da lavorare, ci vuole esperienza, ma lavorandola bene, si può fare un po' tutto : pasta, farina, il pane. Certamente con tutta la buona volontà con la timilia non si riuscirà mai a fare un pane alto e morbido ma in compenso si farà sempre e comunque un pane genuino e nutriente che si può mangiare anche dopo una settimana. La farina di timilia è prodotta per mezzo di antiche macine a pietra nella zona del trapanese, seguendo le antiche tradizioni; è una farina integrale, contiene molti oligo elementi del germe di grano e della crusca. In questo periodo siamo nel pieno della semina e i nostri frutti si raccoglieranno poi tra giugno e luglio. I grani antichi hanno bisogno di antico amore». Antico per antico ci racconti cos'altro coltiva per portarlo, prima di tutto, sulla sua tavola

«C'è un grano antico che sa di storia, anzi, che è portato dalla storia: è il russello. Che prende il nome dalla campagna di Russia dei nostri soldati. Un grano nero che, in quelle terre lontane, dove i nostri soldati erano stati mandati a combattere, aveva attirato l'attenzione di quei ragazzi che a casa erano contadini e di grano se ne intendevano. Un grano scuro come il russello dava infatti garanzie di affidabilità, di bontà e di genuinità e così furono molti i nostri soldati che si misero in tasca quei semi che, puntualmente, poi finirono all'istituto di Granologia. Il russello è una delle più antiche varietà di grano duro siciliano e forse la migliore per quantità di glutine e attitudine alla panificazione. Ormai raro, la nostra azienda, lo ha reintrodotto in coltura da più di dieci anni curandone la selezione; Si distingue per l'altezza della spiga superiore agli altri grani, circa 180 centimetri, e per un elevato contenuto proteico». E poi c'è un'altra chicca: «Merita di venir riscoperto dai consumatori un altro grano antico, il perciasacchi, letteralmente buca sacchi, che deve il suo nome alla forma appuntita della cariosside che bucava i sacchi di juta in cui era contenuto durante il trasporto. Le caratteristiche di questo grano sono molto simili al kamut ma diciamo che ai più è conosciuto come farro lungo siciliano.

Il problema della produzione di grani antichi sono i costi, che restano elevati e quindi non accessibili a tutti i consumatori. Per uscire da questa situazione occorrerebbe consorziarsi per aumentare la produzione e noi ci stiamo provando con un associazione locale fra tutti i produttori di grani antichi che si chiama Simenza.

Se ciascuno di noi riesce a produrre 200-300 chili, moltiplicando per una decina e più produttori, i numeri comincerebbero a tornare. Dieci produttori potrebbero fare complessivamente 300 quintali e con questi volumi trimestrali i costi scenderebbero già sensibilmente rendendo la preziosa antichità dei nostri semi appetibile oltre che appetitosa».

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