La domanda è d'obbligo. Un mito (in questo caso letterario) ha bisogno di essere difeso dai giudici? Se si tratta di toghe nordamericane, la risposta è sì. È stato infatti bandito negli Stati Uniti e in Canada il controverso sequel di «Il giovane Holden» di Jerome David Salinger, lo scrittore statunitense morto il 27 gennaio 2010 all'età di 91 anni, diventato una leggenda per la sua autoreclusione. Il libro in questione si intitola in maniera prosaicamente didascalica «60 Yers later: coming trough the rye». A scriverlo è stato uno scrittore conterrano di Stig Larsson: Frederik Colting. Costui si potrà consolare sapendo che il resto del mondo, se proprio vorrà, potrà leggere la sua fatica liberamente. È quanto stabilisce l'accordo raggiunto tra gli eredi di Salinger e Colting, autore del seguito del celeberrimo romanzo del 1951 che ha come protagonista l'adolescente Holden Caulfield.
L'accordo prevede anche che il romanzo di Colting - stampato nel 2009 e per breve tempo distribuito in Gran Bretagna e Svezia prima di essere bloccato da un tribunale Usa nel luglio di quell'anno - debba cambiare titolo, facendo cadere il riferimento all'originale di Salinger che in inglese è «The catcher in the rye». E la cosa gli può fare solo bene trattandosi di un titolo orribile.
I termini dell'intesa raggiunta sono stati rivelati da «Publishers' Weekly» e «Bookseller», periodici specializzati nelle notizie sul mondo dell'editoria anglosassone. Secondo quanto riferisce la rivista «Publishers Weekly», a Colting e al suo editore svedese è vietato di «dedicare il libro a Salinger» così come vengono diffidati da citare il nome di Salinger nella campagna promozionale per il lancio del libro. Stando «Publishers Weekly», sei editori di altrettante nazioni sarebbero interessate a pubblicare il libro che racconta le gesta di Holden invecchiato di 60 anni. Nel 2009 «60 Years later: coming trough the rye» fu presentato da un oscuro editore svedese come l'opera di John David California, pseudonimo dietro il quale si è poi scoperto si celava Colting. Sette mesi prima della sua morte, Salinger incaricò i suoi avvocati di ingaggiare una battaglia legale contro Colting per violazione del copyright.
Nel settembre 2009 il giudice newyorchese Deborah Batts sentenziò che il libro di Fredrik Colting appariva troppo simile all'originale di Salinger. «Tra l'altro è un libro veramente orrendo», aveva commentato il giudice d'appello, di origine italiana, Guido Calabresi, sostenendo che il sequel costituiva un danno evidente al copyright di Salinger, che aveva fatto causa a Colting per plagio subito dopo aver appreso le prime anticipazioni sul romanzo. Colting si è sempre difeso sostenendo che il suo non è un sequel ma un'ironica interpretazione e un libero commento letterario al capolavoro.
Queste spiegazioni, e soprattutto questi commenti fanno sorgere - spontanea - un'altra domanda. E se questo benedetto «sequel» fosse stato un capolavoro? I giudici lo avrebbero fermato? E poi, può un giudice stabilire il valore di un libro (al di là dei casi previsti dal codice di plagio)?
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