I controlli che il Comune non ha fatto fanno scoprire il tesoro della «mala»

(...) e sequestro 129 abitazioni situate in prevalenza nel centro storico, ma anche a Sampierdarena e in altre città (Cuneo e Palermo). A reggere le fila di questo business colossale c'erano Benito Canfarotta, la moglie Filippa Lo Re e i tre figli Salvatore, Claudio e Massimiliano. Il capo famiglia era arrivato in città alla fine degli anni'70. Dopo aver fatto per un po' di tempo il manovale, aveva ottenuto la licenza per aprire un'agenzia immobiliare nei vicoli, ma ben presto era stato espulso dalle associazioni di categoria. L'attività era così passata nelle mani della moglie che ovviamente si avvaleva della collaborazione di tutti i famigliari. La sede dell'agenzia si trovava in via Canneto il curto. Le indagini delle forze dell'ordine hanno evidenziato il ruolo chiave della donna, conosciuta col soprannome di «Mama» dalle prostitute sudafricane e dagli immigrati rumeni, magrebini e sudamericani. L'agenzia della signora era nota ai clandestini ancora prima di giungere in Italia ed era considerata un punto di riferimento per chi cercava un sostegno logistico illegale.
Molti dei magazzini e degli appartamenti nei quali si è compiuto il blitz dell'altra notte erano privi dei più elementari requisiti di abitabilità, essendo senza bagno e riscaldamento. Per 600 euro al mese «Mama» affittava i bassi a nuclei di dieci persone costrette a vivere in venti metri quadrati. In pratica, tutto lo spazio della casa era occupato da letti e materassi. «Se non pagate, vi butto fuori e vi cambio la serratura», la minaccia rivolta ai clandestini. Mettendo un sigillo ai bassi, la Dia ha fatto in una notte quello che il Comune aveva promesso di fare fin dall'estate scorsa senza riuscirci: battere a tappeto i magazzini del centro storico adibiti alla prostituzione e chiuderli per questioni di sicurezza e ordine pubblico. I carabinieri hanno identificato un centinaio di clandestini, quindici dei quali erano stati già colpiti da provvedimento di espulsione. Per la normativa vigente - articolo 14 della legge Bossi Fini - tutti gli extra comunitari privi di permesso di soggiorno sono stati arrestati e dovranno lasciare l'Italia entro cinque giorni dal decreto di espulsione notificato dal questore. Ma in base alla nuova legge sulla sicurezza rischia anche chi ha dato loro in affitto la casa: fino a tre anni di carcere. Le indagini della Dia hanno permesso di accertare le responsabilità penali della famiglia Canfarotta per i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, e per aver destinato i propri immobili ad ospitare cittadini extracomunitari irregolari.
Il centro operativo della direzione investigativa antimafia ha ricostruito l'intero patrimonio della famiglia siciliana che è apparso enormemente sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati al fisco. Su richiesta della Dia, la sezione «Misure di prevenzione» del tribunale di Genova ha disposto il sequestro di tutti i beni immobili (129), dei beni mobili registrati, dei titoli di credito e delle quote delle tre società operanti nel settore immobiliare e navale (Tunz, Sea Yachts, Riviera Yachts) di proprietà dei siciliani. Il tutto per un valore di 5 milioni di euro. «Dagli accertamenti che abbiamo compiuto - ha dichiarato il capocentro della Dia Silvestro Piacentini - è risultato un arricchimento esponenziale negli ultimi 30 anni in assenza di un'occupazione o di redditi che giustificassero un simile patrimonio». Benito Canfarotta, la moglie e il figlio Salvatore sono stati rinviati a giudizio, essendo riconosciuti come i principali artefici del business immobiliare.

Per loro la Dia ha chiesto l'applicazione della normativa anti mafia, ovvero la misura di prevenzione personale - sorveglianza speciale con obbligo da uno a cinque anni di soggiorno nella propria abitazione - e la confisca dei beni ai sensi dell'articolo 19 della legge 152 del 1975. «Per il momento - ha aggiunto il colonnello Piacentini - è stato effettuato il sequestro patrimoniale, ma sono fiducioso che in giudizio si arrivi alla confisca».

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