I diritti che precipitano

Quando si discute dell'Alitalia c'è chi, prima di tutto, e a prescindere da tutto, afferma che va difesa la compagnia di bandiera perché è un bene nazionale e questa è la priorità. Non è vero: la prima bandiera vera da difendere è il diritto al libero movimento dei cittadini che è riconosciuto e difeso anche dalla nostra Costituzione. A giudicare da come vanno le cose di questa bandiera ne rimangono, ormai, dei brandelli e non può essere così. È semplicemente ingiusto.
Le ultime sono che tutt'oggi ci saranno delle assemblee dei lavoratori del settore e che, come dicono alle informazioni dell'Alitalia, ci saranno delle agitazioni. Cioè anche per oggi non si vola o con tali difficoltà da finire per rinunciarci, come fanno molti.
Il presidente della commissione di Garanzia ha detto di sospendere lo sciopero. I sindacati hanno risposto picche. Il governo ha convocato tutti mercoledì a Palazzo Chigi per discuterne ma, nel frattempo, i viaggiatori, fino a tutto martedì, a occhio e croce, rimarranno a piedi.
O qui si rimettono in ordine le priorità o non se ne esce. Ognuno dice la sua. Quelli (i sindacati) che hanno il coltello dalla parte del manico, dettano legge, l'efficienza economica dell'azienda diventa un orpello e in nome di altri diritti si calpesta quello per il quale dovrebbe avere senso l'esistenza stessa dell'Alitalia: il diritto degli italiani a viaggiare potendo ragionevolmente pensare di fare qualche programma nei loro spostamenti.
E non si può neanche dire che questo governo in materia non abbia fatto. Soldi buttati nella compagnia. Lotte con Bruxelles per essere autorizzati a farlo. Cambio nella direzione. Sforzi immani per fronteggiare i debiti. Basti pensare che altre compagnie spendono 91 euro per ogni 100 di ricavi mentre Alitalia ne spende 109 per ogni 100.
A questo punto occorrono soluzioni radicali perché, evidentemente, le strade tentate dal governo (e giustamente) per porre rimedio a questa situazione si sono rivelate inutili. Questa raffica vera e propria di scioperi (tra l'altro spesso senza che gli utenti possano averne almeno una adeguata informazione) possono veramente mettere in ginocchio un Paese. Il presidente Emerito della Repubblica, Francesco Cossiga, consiglia di far scivolare la compagnia verso il fallimento e ripartire da capo. È possibile pensare ancora a strade alternative? Si può pensare che qualcuno, in Italia, faccia quello che il presidente degli Usa, Ronald Reagan, fece nel 1988 licenziando in tronco tutti quei piloti che avevano scioperato bloccando il Paese? Vi immaginate cosa potrebbe accadere?
I tempi, per Alitalia, sono scaduti. Non si tratta di un'opinione, si tratta dell'impossibilità di proseguire così. Si possono scegliere varie strade. La compagnia di bandiera inglese, la British Airways, ha chiuso la vecchia società e ne ha fatta una nuova. Ora ricomincia a funzionare. Non si può pensare che la soluzione sia la concertazione. Non è possibile. Tra l'altro, il massimo del caos, guarda caso, sta capitando sotto elezioni.
Non c'è italiano che non possa non capire e condividere una proposta anche radicale che, salvaguardando - ovviamente - i diritti dei cittadini che vi lavorano, non ledano, come avviene da tempo, i diritti dei cittadini che vorrebbero viaggiare in aereo.


Questo è uno dei casi evidenti dove l'unica realtà indiscutibilmente pubblica sono i diritti dei cittadini. Chi li serva, pubblico o privato, conta di meno. Contano i risultati e Cimoli, l'amministratore delegato, di miracoli, ad oggi, non è dato sapere che ne possa fare.

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