Ogni 25 aprile, ormai da quindici anni, è la solita storia: in nome dell’antifascismo, si attacca Berlusconi. O i suoi uomini. O, come è accaduto ieri a Roma e a Milano, si aggrediscono anche fisicamente le donne che fanno parte del suo schieramento, Polverini a Roma e Moratti a Milano. Già il fatto che nel Pdl ci siano tante donne al potere, starebbe a dimostrare che fascismo e berlusconismo abbiano poco in comune. (Ancora non risulta che Moratti e Polverini siano amanti di Berlusconi). Piuttosto, sa un po’ di violenza fascista quel tirare monetine, frutta, uova e persino fumogeni per impedire di parlare a chi è del centrodestra.
Al di là degli episodi di ieri, però, la domanda da porsi è: l’antiberlusconismo ha sostituito l’antifascismo? A me pare di sì. Infatti, al pericolo di un ritorno del fascismo (dittatura con aspirazioni totalitarie) non crede davvero più nessuno. Gli italiani - compresi quelli di centrodestra - non ne hanno nessuna voglia, e l’Unione europea non lo consentirebbe. Dunque, tra i più timorosi, o fanatici, si pensa a un fascismo in doppiopetto, travestito, che sostituirebbe la forza delle leggi speciali e dei manganelli con quella della televisione. Ma si dà il caso che il Pdl vinca le elezioni anche in regime di par condicio. E che abbia vinto anche nelle recentissime regionali, provinciali e comunali, dove conta - più della propaganda - la fiducia negli amministratori locali. Certo, è probabile che - nei suoi sogni notturni, o a occhi aperti - Silvio Berlusconi pensi che governerebbe tanto meglio (per il bene dell’Italia, ovvio) se potesse governare da solo. Ma il primo ministro è un uomo pratico: sa che non è possibile, che tentarlo sarebbe folle, e che - per il bene dell’Italia, del suo partito e suo personale - conviene continuare a vincere democraticamente, sia pure con la noia delle opposizioni interne e esterne.
In che modo, dunque, l’antiberlusconismo sostituisce l’antifascismo? Prima di tutto c’è il piacere, molto umano e molto italiano, di essere antiqualcosa, e specialmente contro il governo in carica. Tutti i 25 aprile della storia repubblicana sono stati antigovernativi (in tono minore quando al governo c’era anche la sinistra), perché da noi si abusa dell’equazione Potere=Fascismo, da buon popolo di individualisti tendenti all’anarchia. Lo dimostra un episodio accaduto ieri a Milano, che sarebbe comico se non fosse anche brutale: sul palco, con Letizia Moratti, c’era un disoccupato: fischiato a tal punto da impedirgli di parlare soltanto perché, essendo su quel palco, «stava con il potere», come gli hanno urlato i manifestanti.
Il 25 aprile raramente ci si ricorda che quel giorno è la festa, prima che dell’antifascismo, della libertà e della democrazia. E che viviamo, anche grazie a Berlusconi, in una condizione di libertà e di democrazia: benché, come ha ricordato Maurizio Gasparri, ci sia «ancora in circolazione qualcuno che nell’aprile del 1945 avrebbe preferito l’avvento di Stalin e della dittatura comunista in Italia». Per fortuna non è sempre così. Ho sentito con le mie orecchie il discorso in piazza di Franco Gilardi, sindaco di Stimigliano e a capo di una lista civica di sinistra.
Commosso, ha parlato appunto di democrazia e di libertà, e quando si è trattato di introdurre il tema dell’antifascismo lo ha fatto nel modo più corretto: citando Auschwitz, dove quest’anno ha portato alcune scolaresche.
È stato un bel 25 aprile nella piccola comunità di Stimigliano, in Sabina, con la banda comunale e i tricolori che sventolavano in piazza. Peccato non poter avere niente di simile nelle grandi città: dove, per provare il brivido di essere eroici resistenti, ci si immagina Berlusconi con i baffetti di Hitler. www.giordanobrunoguerri.it- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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