"I figli non sono predestinati al comando. Prima si impara, poi si guida l'azienda"

Antonio Gozzi: "Il primo requisito richiesto è la capacità di gestire"

"I figli non sono predestinati al comando. Prima si impara, poi si guida l'azienda"

Antonio Gozzi, ligure di Chiavari, 65 anni, è amministratore delegato del gruppo Duferco, 5 miliardi di fatturato nelle lavorazioni siderurgiche (è stato presidente di Federacciai per sei anni) e nell'energia, ed è presidente dell'Entella calcio. Rappresenta la seconda generazione di Duferco, fondata dallo zio Bruno Bolfo: fu la famiglia a coinvolgerlo a 35 anni quando insegnava all'università di Genova. Gozzi ha due figli, Vittoria e Augusto, entrambi coinvolti nel passaggio di testimone dell'impresa.

Che regole ha seguito per prepararli alla successione?

«È una scelta che hanno fatto loro in piena libertà. Nessuno ha stabilito che dovessero essere predestinati. Mia moglie e io abbiamo assecondato le loro attitudini».

Nessuna forzatura?

«La nostra è un'azienda meritocratica. Il primo requisito richiesto è avere doti manageriali, essere capaci di gestire prima di diventare proprietari».

Che consigli ha dato ai suoi figli quando ha capito che volevano misurarsi con l'impresa di famiglia?

«Di fare esperienza internazionale: il nostro è un gruppo presente in 50 Paesi che fa l'80 per cento del fatturato all'estero. Quindi girare il gruppo, capirlo, senza un particolare programma formativo. Abbiamo un forte management dal quale avevano molto da imparare».

Sono partiti dalla gavetta?

«Vittoria ha cominciato a Lugano registrando le fatture e poi ha girato tutte le divisioni: amministrazione, finanza, logistica, trading, shipping. Augusto ha fatto lo stesso nell'acciaieria di Brescia. Approfondire i dettagli del business è stata la loro palestra. Al corporate management si arriva, non ci si iscrive».

Esperienze fuori dal gruppo?

«Mia figlia si è interessata di innovazione tecnologica e digitalizzazione e ha lanciato il primo incubatore italiano per startup nel settore dello sport. Mio figlio si occupa anche di energia».

Si è avvalso di qualche consulente?

«Mi ha aiutato la mia esperienza universitaria di docente e formatore. Ero allenato a tenere i rapporti con i giovani».

Lei come ha vissuto questa fase?

«È un forte elemento di motivazione. Ho un'età in cui si è tentati di tirare i remi in barca, ma questo mi ha rimesso in gioco».

Ha già deciso quando lasciare?

«Mi sono dato alcuni anni per completare il processo. Sulla tolda della nave ci deve essere un solo comandante. Ci sarò sempre per dare consigli ma è giusto che il comando passi di mano. I ragazzi hanno già ruoli importanti ed è giusto che non aspettino troppo».

Oggi che incarichi hanno?

«Hanno compiti sostanziali ma ancora nessun incarico formale. Presto entreranno nel board della holding».

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