I giochi e le sfide dei tre angeli di Loredana

I giochi e le sfide dei tre angeli di Loredana

È una questione di «parola», impegno e responsabilità. Che nulla nega alla creatività ma che anzi la nutre e determina. È in questo ordine, dove pensiero e azione sono legati a filo doppio, che si colloca l'avventura di Loredana Cerveglieri. La sua pittura è «elegante, consapevole, ricercata, ma la questione dello stile o, se preferiamo, l'isolamento dello stile all'interno dei confini della pittura come ricerca estetica pura, non le basta o, per meglio dire, non le bastava» suggerisce Martina Corgnati, curatrice della mostra antologica dedicata all'artista alla galleria Carlo Carrà di palazzo Guasco (Alessandria, fino al 28 giugno 2009).
Se le arti, nessuna esclusa, con l'avvento della «glaciazione» postmoderna si sono trovate a mercanteggiare su quanto prima non era sottoposto ad alcun dazio, la possibilità di essere affermative o negative, la Cerveglieri ha sempre esercitato questo diritto. Armata di spirito critico e ironia ma soprattutto di fiducia nell'arte e nella bellezza. Per questo la mostra «Il cielo sopra la pittura» ricuce aspirazioni e orizzonti dell'artista in un diaframma ove il rincorrersi della luce e del tempo genera incursioni in quello spazio liminale proprio di ogni uomo. Spazio che è storia, calore, materia e spesso anche errore. Spazio che è visione, tensione e anelito verso un'altezza che trascende convenzioni e corvée grazie a poesia, arte e musica.
A guarire la distanza tra terra e cielo sono Melisante, Didirè ed Elités, gli angeli di Loredana Cerveglieri, che nei loro nomi serbano il mistero di giochi e sfide librandosi negli scenari più vasti, ma senza restare soggiogati dalla trama simbolica che la loro identità custodisce. Su tavole e polittici, crocevia di tecniche distanti come la foglia a oro e l'assemblage, eccoli iniziare la propria danza al ritmo di un'evocazione, un'assonanza o di un gioco di parole. Il primo degli angeli - segni epurati di vezzi narrativi - a fare la sua comparsa è Melisante, il più miltoniano dei tre, che tra biglie e carri armati si rivela amante della sfida e ancor più della vittoria, ma anche sensibile allo splendore degli astri, alla musica e alla poesia. I suoi slanci sono, invece, impossibili a Didirè, che tra timori e incertezze spezza quelle possibilità di bellezza che con Elités si fanno necessariamente singolari. A questo angelo spetta il compito, dopo uno slalom tra feticci causticamente pop - dalla scarpa col tacco allo Chanel N. 5 - di tracciare le rotte verso «Le città del sole». Spazi immaginifici dove si riconoscono episodi europei, sono il luogo deputato per la fondazione di un nuovo domani.

Un futuro da cercare e da proteggere perché in agguato vi sono ancora volgarità e consumismo, capaci di corrodere, magari con inattesi cirri di insaccati, l'oro di quegli angeli cui la Cerveglieri affida nel suo ciclo, ancora oggi in corso, moniti e speranze.

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