I miracoli della Ferrero, il gruppo che ora può "salvare" Parmalat

E' cresciuta grazie alla qualità dei prodotti e oggi è tra le prime industrie italiane nel mondo

I miracoli della Ferrero, il gruppo 
che ora può "salvare" Parmalat

Tutti s’interrogano sul possibile coinvolgimento di un nome illustre come quello di Ferrero nella sfida su Parmalat. E qualcuno ricorda che la crescita del gruppo di Alba - una delle prime industrie dolciarie del mondo - in sessant’anni di storia è avvenuta praticamente senza acquisizioni, caso raro se non unico tra le grandi multinazionali: la convinzione di Michele Ferrero, che a 86 anni ha ancora l’ultima parola su ogni decisione strategica, è che gli altri non hanno prodotti geniali quanto Nutella, Kinder, Rocher, Mon Chèri, Estathé, Fiesta, o Tic Tac. Lo scorso anno il gruppo italiano (ma con la cassaforte in Lussemburgo) studiò attentamente la possibilità di acquisire il colosso inglese del cioccolato, Cadbury, poi comprato dall’americana Kraft. Sul disimpegno degli italiani circola un aneddoto.

Michele Ferrero riunì i più alti dirigenti - a cominciare dai figli Pietro e Giovanni, amministratori delegati - attorno a un tavolo sul quale fece trovare tutti i dolciumi fabbricati dal marchio inglese. Invitò ad assaggiarli e chiese loro un giudizio. Emersero solo critiche, e lui alla fine se ne uscì con una frase ad effetto: «Se voi non comprereste i loro prodotti, perchè io dovrei comprare l’azienda?».
Michele è sempre stato contrario a qualunque investimento diverso dal settore dolciario. Michele, che fondò l’azienda partendo dall’attività artigianale del padre Pietro, non ha mai rilasciato un’intervista in vita sua, vive doratamente a Montecarlo e vigila attentamente su tutto imprimendo principi di prudenza: difficile pensare a un suo investimento in Parmalat senza l’autentica convinzione che si tratti di un business. In altre parole: nessuno si immagina un suo impegno al solo scopo di fare un piacere a qualcuno

E business può essere. Lo dicono gli ambienti bancari impegnati nella costruzione di una cordata «con logiche industriali» e lo spiega un esperto di industria alimentare e professore di marketing alla Bocconi, Sandro Castaldo. «Tra i due gruppi, entrambi attivi nel largo consumo, sono evidenti le sinergie soprattutto nella distribuzione». E nota una recente innovazione del Alba, che ha lanciato le merendine fresche «per rinnovare quelle tradizionali che stavano diventando delle commodity: le merdendine fresche hanno un’immagine di maggior genuinità e più appeal per le mamme. Sono esposte nei reparti del fresco, dove la distribuzione è più complessa e dove Parmalat è già massicciamente presente». Anche in senso geografico vale il principio del «traino» commerciale.

«Si tratta di due marchi presenti in tutto il mondo che si possono reciprocamente aiutare secondo le rispettive presenze nelle diverse aree». Le vendite di Ferrero sono ancora molto localizzate in Europa, mentre Parmalat è molto forte, per esempio, nell’America latina. Nonostante le affinità di materie prime (il latte soprattutto), negli acquisti le sinergie appaiono meno singificative (sul sito Ferrero si apprende che con il latte usato dall’azienda in un anno si potrebbero alimentare per 8 minuti le cascate del Niagara).

Sotto il profilo finanziario, se solo i Ferrero lo volessero, un investimento piccolo o grande in Parmalat sarebbe a semplice portata di mano. I numeri del gruppo sono molto importanti. Nel bilancio chiuso il 31 agosto 2009, il fatturato è stato di 6,35 miliardi, con utili per 44 milioni. Nell’esercizio 2009-2010 i profitti netti sono saliti a 347 milioni. Alla famiglia Ferrero sono stati girati 280 milioni di dividendi. Il gruppo ha asset per 3,7 miliardi.
Michele Ferrero da vent’anni è ininterrottamente presente nelle classifiche delle riviste Fortune e Forbes dei personaggi più ricchi del mondo.

Solo pochi giorni fa Forbes gli ha attribuito un patrimonio personale di 18 miliardi di dollari e lo ha inserito al 32º posto nell’elenco: primo degli italiani, tra i quali Leonardo Del Vecchio (Luxottica) lo segue solo al 71º, e Silvio Berlusconi è piazzato al 118esimo.

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