C'era una volta il basilico: nelle mani di Andrea De Stefani quindici piante disegnano una traiettoria nello spazio evocando lo stop-motion cinematografico. Sfidano la forza di gravità, la luce e il tempo, ma questi, prima o poi, avranno la meglio. Poco distante tre «macchine celibi» di Eva Marisaldi fendono l'aria con nastri da ginnastica ritmica ma non sempre riescono a tenere il tempo, mentre nel silenzio delle immagini riprodotte da carte de visite da Linda Fregni Nagler scopriamo «La madre nascosta» nell'iconografia dei ritratti di bambini tra Ottocento e Novecento. Una vicina credenza si anima all'improvviso (Lorenzo Scotto di Luzio) come scossa da un terremoto, mentre da un pacco ascoltiamo Nico Angiuli discutere con sua madre i dettagli della spedizione: cibo e vestiti cui ricorrere durante la mostra.
Sono queste alcune delle opere che costellano la Loggia degli Abati di Palazzo Ducale nella mostra «Persona in meno» (fino al 17 ottobre 2010). L'esposizione gioca col richiamo a un tema caro alla tradizione, quello del ritratto, forzandolo al suo interno per aprirlo a suggestioni e interferenze fino ad accogliere consonanze e opposti. L'assenza, l'alterità e quanto celato allo sguardo è invece evidente alla percezione e viceversa. Trentasette le opere che corrono tra immagini, video e installazioni, selezionate perché aperte, per dirla con Eco, disponibili a continue interpretazioni e quindi potenzialmente inesauribili alla fruizione. Anche l'esposizione, del resto, è uno sguardo aperto: gli oltre venti artisti italiani sono stati selezionati durante il «Grand Tour» di Angelique Campens, belga, Erica Cooke e Chris Fitzpatrick dagli States, i tre vincitori della quarta edizione della «Residenza per Giovani Curatori» promossa dalla Fondazione Edoardo Garrone e dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Per oltre quattro mesi hanno esplorato l'Italia dei musei, delle gallerie, degli artisti e dei curatori per tastare il polso della scena italiana emergente.
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