I Nobel e gli Oscar italiani: «Obama, l'acqua dev'essere un diritto umano»

Rita Levi Montalcini, Dario Fo, Bernardo Bertolucci e Nicola Piovani scrivono una lettera aperta al presidente americano alla vigilia del G8: «Un miliardo e 200 milioni di persone non hanno accesso all'acqua».

Caro Obama, visto che il mondo, soprattutto il terzo mondo, muore letteralmente di sete, l'acqua deve diventare «un diritto umano inalienabile». Lo hanno scritto, alla vigilia del G8 dell'Aquila, i premi Nobel italiani Rita Levi Montalcini e Dario Fo, e i premi Oscar Bernardo Bertolucci e Nicola Piovani in una lettera aperta al presidente americano.
L'appello, promosso dal «Comitato italiano per un contratto mondiale per l'acqua» e firmato anche da numerose personalità del mondo della scienza, della cultura e del giornalismo (da Silvio Garattini a Oliviero Toscani, da Ermanno Olmi a Renato Mannaheimer, da Gad Lerner a Vittorio Gregotti) sollecita il capo delle Casa Bianca inserire l'acqua nell'agenda di Copenaghen sui mutamenti climatici e ad affidare il governo di questo bene essenziale a un'agenzia dell'Onu per contrastarne ogni forma di mercificazione.
«Signor Presidente - si legge nella lettera - la sua elezione ha suscitato nel mondo molte aspettative. Lei è stato visto come un leader capace di dire al proprio Paese e al mondo intero che dai terribili problemi del pianeta si esce solo tutti assieme». Dopo queta premessa, i premi Nobel e Oscar invitano Barack Obama a «parlarne» e porre politicamente già dal G8 dell'Aquila il problema del miliardo e 200 milioni di persone che attualmente non hanno accesso all'acqua.
«Nei prossimi decenni - è l'ammonimento contenuto nella lettera - se non vi si porrà rimedio per tempo, metà della popolazione mondiale non avrà accesso all'acqua potabile e per queste ragioni 200-300 milioni di persone nel mondo saranno costrette a spostarsi, il prezzo degli alimenti salirà vertiginosamente e ci saranno guerre più terribili di quelle per il petrolio.

In questo scenario la politica e le istituzioni internazionale delegano al mercato azionario il governo di questo bene». E cioè, conclusono, «allo stesso mercato che ha portato il Suo paese e il mondo intero alla crisi economica e finanziaria».

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