I panciafichisti e i chierici del buonismo

Carissimo Granzotto, ricorro ancora alla sua sperimentata disponibilità per risolvere un rebus. Nella quotidiana lettura dei giornali mi sono imbattuto in due definizioni che non avevo mai sentito e non riesco a decifrare. Esse sono «panciafichista»-«panciafichismo» e «entrista». La prima e più frequentemente usata, mi pare abbia un contesto scurrile e davvero non comprendo come possa fiorire sulle bocche dei rappresentanti della società civile e politica. La seconda mi pare si riconduca al linguaggio calcistico e dunque anche in questo caso mi chiedo cosa ci imbrocchi con la politica. Me lo può spiegare lei?



Fu Benito Mussolini a lanciare il termine «panciafichista». Lo fece in uno dei «discorsi del Decennale» (1932) tenuto a Torino, così esprimendosi: «Nessun nemico peggiore della pace di colui che fa di professione il panciafichista o il baciafondaio». Quest’ultimo vocabolo non fece presa, ma il primo sì, tant’è che ancor oggi e nonostante il padrinaggio molto politicamente scorretto, ancora va. In origine panciafichista significava seguace del pacifismo rinunciatario, quello che sacrifica sull’altare della pace qualunque esigenza di giustizia e libertà dei popoli. Oggi sta ad indicare il buonismo a tutto spiano, costi quel che costi. L’ideatore del panciafichismo e derivati fu, nel 1914, Luigi Bertelli, più noto ai lettori di «Gian Burrasca» come Vamba. Nel coniare il neologismo egli non si riferì a quello che maliziosamente crede lei, caro Salviati, ma al modo di dire, oggi dimenticato, «salvare la pancia per i fichi» (starsene in panciolle, perseguire il quieto vivere) unito a pacifismo. Dapprima indirizzato, con scherno, a coloro che si opponevano all’entrata in guerra contro l’Austria, fu in seguito destinato a quanti manifestavano una certa freddezza nei confronti della ginnica visione fascista della vita. Poi sparì dalla circolazione, forse perché vocabolo troppo legato al (bieco) Ventennio o perché sopraffatto dal diluvio di nuove locuzione marxolenintrotkiste, come quell’«entrista» del quale ora dirò. Ma era letargo, non sonno eterno. Ed infatti, panciafichista e panciafichismo son tornati ad impepare la dialettica politica prendendo di mira i chierici del pacifismo buonista, lumacone e rinunciatario.
Insieme a revisionista, frazionista, liquidazionista, avventurista e ultimatista, entrista appartiene invece all’armamentario del comunismo e della sua dialettica (confronto, si direbbe oggi: ma un confronto che provocò migliaia di morti ammazzati, qualcuno, come il povero Trotzki, a picconate in fronte). Entrista è colui che sostiene la necessità di infiltrarsi in un partito avversario per minarlo dall’interno o conquistarlo surrettiziamente.

Famosa è rimasta la «direttiva entrista» di Palmiro Togliatti che all’inizio degli anni Trenta (in tempo, dunque, di panciafichismi) esortò i comunisti ad iscriversi al Pnf onde «far esplodere» le contraddizioni interne al fascismo. Fu un flop. Come il comunismo tutto, d’altronde. Almeno così ha sentenziato la Storia, con la maiuscola.

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