I pasticci dell’arbitro provvisorio

I pasticci dell’arbitro provvisorio

Durante il lungo regno di Nilde Iotti, per unanime riconoscimento Oscar Luigi Scalfaro fu un eccellente vicepresidente della Camera dei deputati. Ma, spiace dirlo, come presidente provvisorio del Senato non è stato all'altezza del proprio passato.
Tanto per cominciare, è partito con il piede sbagliato partecipando alle votazioni. Il ministro Castelli ha ricordato opportunamente che alcuni suoi predecessori come Parri, Nenni e la Ravera si astennero dal voto. È bensì vero che altri presidenti provvisori si comportarono in maniera opposta. Ma, se ben ricordiamo, il loro voto non risultò mai determinante. Vale dunque per il presidente provvisorio ciò che vale per il presidente di assemblea eletto: deve essere non solo imparziale ma anche apparire tale.
E qui vengono le dolenti note. La famosa seconda votazione di venerdì non andava annullata e ripetuta per il semplice motivo che nessun candidato aveva raggiunto il quorum richiesto. Da considerarsi nulli erano solo i tre voti dati a Francesco Marini, visto e considerato che nessun senatore in carica risponde a questo nome e cognome. Ma se proprio dovesse essere annullata, la votazione andava ripetuta immediatamente. Non ci vuol molto a capire il perché. Difatti alla votazione ripetuta devono ovviamente partecipare gli stessi senatori presenti alla votazione invalidata. Tanto è vero che si dovrebbero chiudere le porte dell'emiciclo allo scopo di impedire che qualcuno esca e che qualcun altro entri.
Per di più nessuno in aula ha chiesto formalmente il rinvio della votazione alle 22, né si è registrato sullo slittamento un voto dell'assemblea. Più semplicemente è giunta all'orecchio del presidente provvisorio una richiesta del genere. Che, manco a dirlo, è stata prontamente accolta. E perché mai? Forse per consentire a una Unione in preda allo sconforto di serrare i ranghi e vincere una partita quanto mai in bilico? Onestamente lo ignoriamo. Sappiamo però, tanto per stare all'attualità, che a pensar male si fa peccato ma s'indovina. Ma ecco subito dopo un altro errore, per non dire orrore. Nello scrutinio della seconda votazione ripetuta si registra un «contrordine compagni» degno di Guareschi. Guardate un po' che bel caso, una volta ancora in una scheda fa bella mostra di sé il nome di uno sconosciuto Francesco Marini. Alla luce del precedente, il voto non doveva andare a nessuno. E invece viene dato con un salto logico acrobatico a Franco Marini.
Il regolamento del Senato poi prevede la segretezza del voto, garantita da gran tempo da cabine di votazione, dal momento che in precedenza c'era qualche bello spirito che sventolava la propria scheda con tanto di nome per dimostrare la propria lealtà alle direttive di partito. Ma, una volta allestita la cabina, ecco che si è trovato l'inganno. Non a caso la nostra è la Patria del diritto e del rovescio. Che cosa mai ti combina la fantasia italica? È presto detto. Ora si vota Franco Marini, ora Marini Franco, ora senatore Franco Marini, ora sen. Franco Marini, e così via. Insomma, si vota in tanti modi diversi al fine di violare bellamente la segretezza del voto. Visto che di qui a poco inizieranno le votazioni per l'elezione del capo dello Stato, non sarebbe male se il neoeletto presidente della Camera Fausto Bertinotti, nella sua veste di presidente del Parlamento in seduta comune, prima dell'inizio delle votazioni invitasse i Grandi Elettori a scrivere sulla scheda unicamente il nome e il cognome del candidato preferito.
Dulcis in fundo, e la cosa è di una gravità assoluta, è stato «aggiustato» sia il resoconto stenografico della seduta che si è conclusa alle ore 2 e passa di ieri, sabato, sia il relativo processo verbale. Entrambi fanno dire a Scalfaro che il Senato tornerà a riunirsi per la terza votazione «domani, 29 aprile, alle ore 10,30». Mentre Scalfaro ha semplicemente detto «domani».

Cioè domenica. Come del resto avrebbe voluto la lettera del regolamento, correttamente interpretata dal senatore di An Filippo Berselli.
Se il bel giorno si vede dal mattino, c'è di che disperarsi.
paoloarmaroli@tin.it

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