Roma - Il referendum crea sempre più fratture all’interno dei due Poli, ma soprattutto nel centrosinistra dove è forte la critica nei confronti dei ministri che hanno dato la loro adesione al referendum. E malgrado il tono della polemica diventi più alto si aggiungono nuove firme «pesanti» all’elenco dei referendari: quella del segretario regionale dei Ds calabresi, Carlo Guccione, e quella del presidente della Regione autonoma della Val d’Aosta, Luciano Caveri.
Ma è soprattutto Gianfranco Fini a farsi difensore di un referendum che spacca anche la Cdl e a sostenere che è l’unico sbocco, visto che i piccoli partiti stanno ponendo problemi insuperabili nelle trattative sulla nuova legge elettorale. E lo ripete anche l’ex-ministro di An Maurizio Gasparri: «Con il passar dei giorni il referendum sembra la sola strada possibile per avviare una riforma elettorale ma anche per impedire a Prodi e al suo governo di tirare a campare». Anche se il portavoce di An, Andrea Ronchi, precisa: «Lavoreremo sino all’ultimo per cambiare in Parlamento l’attuale sistema di voto. Ma, come sottolinea Calderoli, «c’è un limite preciso oltre il quale tutto diventa presa in giro, e quindi via al referendum». Un sì con motivazioni diverse arriva anche da Gianfranco Rotondi, leader di «un piccolo partito», la Nuova Dc: «Se si deve cambiare la legge per mettere in un angolo i piccoli partiti, meglio andare al referendum che mette a rischio tutti e non solo le forze politiche piccole».
A sinistra tocca al ministro per l’Attuazione del programma, Giulio Santagata, difendere dagli attacchi del collega Vannino Chiti la sua firma e quella degli altri componenti del governo, Giuliano Amato, Arturo Parisi e Giovanna Melandri: «Il cambiamento della legge elettorale è uno dei punti del programma dell’Unione. Non vedo dove stia lo scandalo se sostengo un referendum che stimoli e sia pungolo affinché il Parlamento modifichi l’attuale legge e ne approvi una migliore».
La pensa così anche il ds Marco Filippeschi: «Destabilizza, cosa di cui ci accusa Franco Giordano di Rifondazione, chi difende l’indifendibile e non ascolta i cittadini. Per una parte larghissima dei sostenitori il referendum è il mezzo per fare davvero una legge seria che cambi un modello negativo. Viene il dubbio che qualcuno senza dirlo pensi che si possa tenere la legge così com’è».
Referendum quindi come stimolo alla riforma, è la tesi sostenuta da Nello Formisano dell’Idv, e così la pensa anche Benedetto Della Vedova, presidente dei Riformatori liberali, radicale nel centrodestra. Che mette in evidenza come «l’avvio del procedimento referendario non impedisce, anzi accelera l’esame dei provvedimenti parlamentari, costringendoli entro tempi certi e definiti». Risponde duramente alle affermazioni di Fausto Bertinotti, il presidente della commissione Attività Produttive, Daniele Capezzone. L’esponente della Rosa nel pugno considera le affermazioni del presidente della Camera «delle vere aggressioni» e sostiene che tocca a quanti hanno a cuore «il rispetto dei cittadini a essere correttamente informati e a esercitare una iniziativa di rilevanza costituzionale, operare perché questa aggressione cessi al più presto».
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