I quattro canti di Palermo (di Giuseppe Di Piazza, Bompiani, 214 pagine, 17 euro) è un romanzo bicolore. C'è il rosso sangue dei cadaveri, che non si scrosta dai marciapiedi di una città irta di codici e segnali e che cerca di sopravvivere alla seconda guerra di mafia dei primi anni '80. E c'è il nero abisso in cui sprofonda l'anima del protagonista, un giovane cronista del quotidiano comunista L'Ora, che “vive” due realtà parallele in un delicato equilibrio tra omicidi, delitti, articoli e vita privata.
Conciliare le due facce di una stessa vita è impossibile, ma inevitabile. Perché il rosso dei delitti è intriso nella mente e nel cuore del protagonista. Gli episodi di amore fugace, di sesso libero, specchio di un tempo scaduto e scandito, ora dalle note dei Pink Floyd e degli Who ora da quelle più leggere e riflessive del jazz, sono un vano tentativo di scrollarsi di dosso le storie crudeli che il giornalista dagli “occhi di sonno” si trova a fronteggiare.
"Ero in balìa di Palermo; mi preparavo a sperimentare gli psicofarmaci per sconfiggere l'insonnia dei miei 24-25 anni". "Occhi di sonno", per via delle tante notti perdute. O forse vissute veramente? Dal mafioso che rifiuta di diventare un killer alla modella impreparata all’urto della vita; passando per un padre vendicativo e immerso nell’odio e per una figlia alla ricerca dell'onore perduto.
Il giovane cronista vive queste quattro storie sospeso tra l'inesorabile dovere professionale di raccontare la verità ai propri lettori e il vano desiderio di liberarsi dalle catene che lo tengono legato a una realtà nera come la pece della piazza dei Quattro canti, cuore della città, e rossa come il sangue che rimane attaccato alle suole delle scarpe.
Vorrebbe scappare, il cronista. Vorrebbe cominciare a vivere più che continuare a sopravvivere. L'unico posto che gli concede tranquillità è la sua casa, quella che divide con Fabrizio e con tutte le ragazze che, passando di lì, lasciano un segno labile o indelebile nell'animo del protagonista.
"Se siete malinconico, è segno che qualcosa vi manca, che non siete riuscito in qualche cosa. E' un segno manifesto d'inferiorità. Invece se siete annoiato, è inferiore ciò che ha cercato vanamente di piacervi": è una di queste donne di passaggio che legge al giovane cronista un passo del Rosso e Nero di Stendhal.
L'animo del Di Piazza scrittore è malinconico perché gli manca la spensieratezza di una giovinezza normale.
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