I romanzi censurati sono sempre di più

Il rapporto del Pen Club fa rabbrividire: colpiti autori come Orwell e King

I romanzi censurati sono sempre di più
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Che bisogno c'è di bruciare i libri quando la censura lavora a pieno regime, in silenzio? È finita l'epoca di quei volgari totalitarismi che se la prendevano con l'arte degenerata o spedivano gli scrittori nei Gulag. Oggi il dissenso si mette a tacere in nome della bontà. La sezione americana del Pen Club, associazione di scrittori in favore della libertà d'espressione, nei giorni scorsi ha pubblicato un dossier sui libri proibiti nelle scuole degli Stati Uniti. Sono circa diecimila. La lista completa include Stephen King, Toni Morrison, George Orwell (1984), Chuck Palahniuk (Fight Club), Bret Easton Ellis (American Psycho), Ransom Riggs, Danielle Steel, Federico Zeri (un saggio sui nudi di Modigliani e uno su Edvard Munch), Jodi Picoult, Sally Rooney, Margaret Atwood, George R.R. Martin, Kurt Vonnegut (Mattatoio n. 5), John Grisham, Alice Walker (Il colore viola), Philip Dick (Blade Runner), Agatha Christie (Assassinio sul Nilo) e moltissimi altri, inclusi i classici. Come è facile vedere da questo catalogo sommario, non si salva nessun autore e nessun genere. Finiscono nel mirino romanzi, anche altamente educativi, studi accademici sull'arte, bestseller, libri per bambini, polpettoni rosa o storici, gialli. Alcuni scrittori sono marchiati con la «lettera scarlatta» che segnala gli abbonati alla censura, e sapete chi spicca? Stephen King, un vero cattivone.

Tra gli Stati più attivi nel far sparire i libri, grazie alla loro legislazione, si segnalano Florida, Iowa e Wisconsin. La censura tocca anche la presenza degli autori nelle scuole, le visite alle fiere del libro e implica una forte riduzione degli acquisti per le biblioteche d'istituto. Il fenomeno riguarda in particolare gli ultimi cinque anni, con un'impennata nel 2023-2024. Il Pen aggiunge che la stima è al ribasso. Probabilmente i titoli «cancellati» sono di più.

La cosa divertente (si fa per dire) è che ormai siamo davanti a una battaglia di tutti contro tutti. Da una parte, l'esercito del politicamente corretto; dall'altra, le armate del perbenismo. I primi vogliono salvare i ragazzi dalla discriminazione di genere, dal razzismo, dal fascismo strisciante. I secondi vogliono salvare i bambini dalle teorie di genere, dalla crisi dei valori, dal multiculturalismo. Insomma: non c'è quasi nulla che vada bene. In mezzo, ovviamente, finiscono proprio gli studenti ai quali vengono sottratti capolavori del pensiero e perfino il buon intrattenimento.

Prima osservazione: in Occidente sembra di vivere in un eterno presente, che non permette di storicizzare il linguaggio della letteratura. L'oblio del contesto rende possibile (e profondamente stupido) giudicare gli uomini del passato con i nostri canoni morali. I veri ignoranti sono quelli che abbattono le statue e sottolineano i libri con la matita rossa del politicamente corretto.

Seconda osservazione: la pretesa uguale e contraria dei perbenisti non è una novità. Anzi, esiste da sempre. La novità consiste nel fatto che tutte le parti pensano di meritare una legislazione «speciale» per mettere fuori gioco chi non risulta conforme ai propri gusti.

Terza osservazione. Il Pen americano non è certo un covo di sostenitori del politicamente scorretto. Al contrario, fece fatica ad appoggiare Salman Rushdie, in occasione della fatwa iraniana, per non offendere la sensibilissima cultura islamica. Questo rapporto, sebbene presentato con qualche cautela linguistica, mostra un cambio di passo. D'altronde è impossibile non vedere quale inferno ci abbia regalato il politicamente corretto che sempre più appare una conseguenza diretta della cosiddetta «deculturazione».

In parole semplici: non capisco più

nulla del mio passato, non conosco le regole del pluralismo, ignoro i danni irreparabili prodotti dall'introdurre troppe eccezioni nella legge; e quindi mi metto a cancellare, censurare, gridare alla repressione «fascista».

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