I «saggi» Usa: ritiro dall’Irak Ma Bush frena

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

Eccoli, in sostanza, i «consigli di papà»: cominciare a spostare le truppe americane in Irak, anche in direzione «uscita», e affrontare la diplomazia diretta con la Siria e l’Iran. È la raccomandazione del «gruppo di studio» bipartitico sull’Irak che sarà trasmessa alla Casa Bianca il 6 dicembre, ma che è stata rivelata in anticipo al New York Times. La presiede l’ex ministro degli Esteri James Baker, considerato il principale consigliere di George Bush Senior e che si ritiene rifletta le vedute di quest’ultimo, tenuto evidentemente dal ruolo ad osservare il silenzio. La commissione ha esaminato le diverse opzioni (tabella per il ritiro, invio di rinforzi, mantenimento dello status quo) e ha raggiunto una formula di compromesso, che consiste nel disimpegno graduale - a cominciare dall’anno prossimo - delle quindici Brigate di Combattimento Usa dalle aree urbane e dal «cuore» del Paese e nel loro trasferimento o in basi alle frontiere dell’Irak, o in Stati vicini e amici come il Kuwait o, infine, verso casa. Dovrebbero invece rimanere sul posto gli altri soldati americani, soprattutto quelli incaricati di addestrare le forze armate irachene, in modo da accelerare il processo che dovrebbe portare il governo di Bagdad ad assumere tutti i poteri e i doveri, compresi i compiti bellici.
Alcuni membri democratici del gruppo di studio avevano insistito perché venissero fissate date, soluzione evidentemente inaccettabile per Bush. Non è detto che il presidente adotti i mutamenti strategici suggeriti. Non vi è tenuto perché si tratta solo di un parere «consultivo» anche se molto autorevole. E Bush infatti non ha mostrato alcuna fretta. Parlando ad Amman subito dopo l’incontro, ritardato di un giorno a causa di screzi, con il primo ministro Al Maliki, Bush ha ripetuto che non intende lasciare le cose a metà e che l’America deve «completare la sua missione». Tuttavia egli ha sottolineato la necessità di affrettare i tempi del trasferimento di potere agli iracheni. Disco rosso, invece, per i negoziati diretti con Teheran e con Damasco. Neanche questo un annuncio ufficiale.

Non ce n’era bisogno perché la Casa Bianca è notoriamente riluttante a compiere questo passo. E poi anche perché si è trattato solo di «indiscrezioni». La risposta ufficiale potrà venire solo dopo la presentazione del testo ufficiale della raccomandazione.

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