I segreti del quadro simbolo delle donne che odiano le ex

All’asta il dipinto di Renoir che raffigura Camille, la prima moglie di Monet le cui immagini furono cancellate dalla rivale

I segreti del quadro simbolo  
delle donne che odiano le ex

Venderanno un quadro molto bello e molto costoso, ma non sarà la prima volta e nemmeno l’ultima. È la «Donna che raccoglie fiori», di Renoir. Raffigura la bella Camille Doncieux, modella fatale sposata da Monet, altro genio impressionista, grande amico di Renoir. Dieci milioni di euro la base d’asta. E fin qui siamo nel campo particolare del collezionismo d’arte. A rendere l’evento molto più significativo sono la storia e le verità nascoste nel quadro. Sulla tela, specificano gli esperti, compare l’ultima immagine rimasta della prima moglie di Monet, l’unica sopravvissuta alla gelosia furiosa e devastatrice della seconda, Alice Hoschede, ossessionata dall’ingombrante presenza, più presente nella propria mente che nel cuore di Monet.
Sembra un fogliettone d’altri tempi, e in effetti la vicenda risale alla seconda metà dell’Ottocento, ma il tema è eterno e sempre attualissimo. E’ il tema, avvelenato e tumultuoso, dell’ex. Di questo fantasma che molte coppie ospitano in casa fin dal primo giorno, senza averlo mai invitato, ma invadente e ossessivo. Non è possibile metterlo alla porta, prenderlo a calci, buttarlo giù dalle scale: ogni volta ricompare puntuale e ineffabile tra lui e lei, seminando il panico più forte di prima.
Gli psicologi la chiamano “Sindrome di Rebecca“, dal romanzo di Daphne de Maunier, reso più celebre dal famoso film di Hitchcock del 1940, vincitore di due oscar. Anche in quella storia, la seconda moglie di un vedovo subisce il peso schiacciante della prima, con tutta una serie di intrecci e colpi di scena che qui ovviamente sorvoliamo. Quanto a Monet, sposa la modella Camille nel 1970, dopo cinque anni di relazione, un figlio a carico e molte liti con i genitori, che non vogliono in casa una ragazza di così umili origini. Come in un romanzo d’appendice, la passione si allenta però non appena i contrasti e le difficoltà vengono appianate. Poco più tardi, nel 1874, il pittore s’innamora di Alice, moglie del ricco finanziere e collezionista d’arte Ernest Hoschedé. Il legame va avanti clandestinamente, sotto gli occhi dei rispettivi coniugi, fino al 1879, quando la prima moglie Camille muore di cancro. A quel punto, Monet e Alice si riuniscono sotto lo stesso tetto e non si separano più. Per sposarsi, aspetteranno però anche la morte del marito di lei, nel 1892. Ed è proprio in questo preciso momento che Alice si mette all’opera. Da qui in poi, sembra dedicare la sua vita ad un’unica, ossessionante missione: cancellare la memoria di Camille. Tutti i segni di quella donna, ad uno ad uno, finiscono nell’oblìo. Con chirurgica dedizione e pignoleria iconoclasta, vengono eliminati oggetti di casa, ritratti, biglietti. Alice pretende che la prima moglie esca completamente dalla memoria del marito pittore, ma anche dal mondo dell’arte e dal semplice ricordo generale. Inutile dire che in realtà vuole farla uscire soltanto dalle proprie angosciose fantasie. Alla spietata e maniacale opera di cancellazione scamperà unicamente questo ritratto di Renoir, la “Donna che raccoglie fiori“, solo oggi pronto a riemergere dalle tenebre della storia. E ti credo che poi lo batteranno a dieci milioni di euro... In un certo senso, l’asta di questo quadro è il trionfo postumo e però definitivo dell’ex. Perseguitata e esiliata per tanti anni da Alice, Camille riemerge trionfalmente nella vita dell’amato Monet. Purtroppo, per le vittime della sindrome di Rebecca, il triste destino è abbastanza comune. Tipico dell’ossessione è l’accanimento nell’allontanare dal nuovo legame l’onnipresente fantasma, con il suo pesante carico di ricordi e di confronti, ma altrettanto tipico è l’effetto: più si combatte per eliminarlo, più ricompare forte e vivace. Più lo mandi giù, più ritorna su. Nella sindrome di Rebecca, l’ex funziona come un venditore di abbonamenti telefonici: buttato dalla porta, rientra dalla finestra. E non c’è nulla che si possa fare per evitare la seccatura.In qualunque storia a due incombe più o meno invadente questa terza presenza. Dipende dai modi e dalle quantità. Anche se lui e lei non danno alcun peso al legame precedente, l’ex di lui o di lei può tranquillamente avvelenare le storie più belle: basta che uno dei due accusi il confronto. A quel punto, la sindrome di Rebecca finisce per provocare i danni più seri. Purtroppo, non ci sono nemmeno cure vere. Troppo strana la malattia.

Accecato dal confronto, afflitto da bassissima autostima, il paziente non riesce più a vedere l’unica verità semplice e incontrovertibile, l’unica che conti davvero: l’ex è solo il passato. Ci sarà un motivo, se si chiama ex.

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