L'avevamo lasciata a bordo della sua Crociera, e la ritroviamo... beh, immersa nel pieno della sua attività di scrittrice ed editrice. Letta attraverso le pagine dei suoi Diari, Virginia Woolf è sempre più Virginia Woolf: eccola, nel secondo dei cinque volumi previsti dalla pubblicazione integrale intrapresa da Bompiani e curata da Giovanna Granato, raccontarci gli anni fra il 1920 e il 1924 (Volume II, pagg. 470, euro 35). Anni in cui il mondo della letteratura si ritrova fra le mani l'Ulisse e La terra desolata; e lei si ritrova ad avere a che fare con James Joyce, che mal sopporta, e che si rifiuta di pubblicare, e con T.S. Eliot, che invece pubblica con la sua Hogarth Press. Intanto prosegue con le altre sue letture, nei dopo cena a Richmond: i greci, e la Recherche di Proust.
Stimolata da ogni parte, lei che scrive già tutto il giorno - «al mattino i romanzi, al pomeriggio gli articoli, prima di cena il diario» ricorda la curatrice e traduttrice Giovanna Granato - non può che sperimentare a sua volta, e inizia La stanza di Jacob. Nei Diari sfoga i suoi dubbi: «Quanto vorrei riuscire a individuare qualche regola sugli elogi & le critiche. Secondo le mie previsioni sono destinata a ricevere critiche a profusione. Do nell'occhio; & in particolare do fastidio ai signori anzianotti (...) Pretenzioso dicono; & poi una donna che scrive bene, & scrive per il Times - ecco lo spunto. Questo mi trattiene un po' dal cominciare Jacob's Room. Ma io faccio tesoro delle critiche. Mi spronano». Infatti, in questi anni, oltre a scrivere La stanza di Jacob comincia Mrs Dalloway (in origine The Hours) e Il lettore comune; e si impegna sempre più anche nella stesura del diario, perché ha notato che l'esercizio funziona: «Ha aiutato moltissimo il mio stile; ha sciolto i legamenti» appunta nel novembre del '24. E ancora: «Mi rendo conto che in questo quaderno mi alleno a scrivere; faccio le scale; già, & lavoro a certi risultati. Direi che per Jacob mi sono allenata qui, - & per Mrs D., & che è qui che inventerò il mio nuovo libro; perché qui scrivo semplicemente seguendo l'estro - & mi diverto un mondo per giunta».
Virginia Woolf si diverte un mondo anche perché nei Diari non si tiene: parla male di tutto e di tutti, ad eccezione del marito Leonard. Ecco un esempio. Nel dicembre del 1922 conosce Vita Sackville-West, che diventerà uno dei legami più importanti della sua vita, e ispirerà Orlando. E scrive: «Ho la testa troppo confusa per capirci qualcosa. In parte è il risultato della cena da Clive ieri sera per conoscere l'incantevole, talentuosa, aristocratica Sackville West. Poca cosa per i miei gusti severi - florida, baffuta, variopinta come un parrocchetto, con tutta la disinvoltura dell'aristocratica ma senza il bello spirito dell'artista». Ed eccone un altro: la reazione alla morte di Katherine Mansfield, la sua unica pari (letteraria) dell'epoca, nel gennaio del 1923. «Al che provi - che cosa? Un moto di sollievo? - una rivale di meno? Poi la confusione nel provare così poco - poi, poco alla volta, ottundimento & delusione; poi una depressione che per tutto il giorno non sono riuscita a scrollarmi di dosso. Quando mi sono messa a scrivere, mi è sembrato che scrivere non avesse senso. Katherine non lo leggerà». Fino a confessare: «E ero gelosa della sua scrittura - l'unica scrittura di cui sia mai stata gelosa».
Lo stesso atteggiamento ambivalente, di amore/odio, attrazione/rifiuto, che Virginia Woolf ha verso molti amici e «la piccola cerchia della Buona Società Londinese»; dove, però, finalmente riesce a tornare: convince Leonard a lasciare Richmond per trasferirsi in piena Bloomsbury. Sta per avere una stanza tutta per sé, per la Virginia Woolf senza più rivali, ma che deve scrivere ancora altri capolavori.
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