I sogni dell’Udc fanno a pugni con il calendario

Paolo Armaroli

Ormai nell'Udc si fa a gara a chi la spara più grossa. Follini vorrebbe che la Camera esaminasse prima la legge elettorale, «visto che è prioritaria nel calendario parlamentare», e poi la riforma costituzionale. Un abbaglio, il suo. Difatti la conferenza dei capigruppo del 27 luglio ha predisposto un calendario dei lavori così concepito: il 19 settembre inizierà in aula l'esame in seconda lettura della riforma costituzionale e il 26 settembre la discussione della legge elettorale. Non è un ghiribizzo, come si dirà tra poco. Si vede che Follini, tutto preso dalle sue dichiarazioni a getto continuo nelle vesti di segretario dell'Udc, non ha la più pallida idea dell'attività parlamentare.
Già che c'è, Follini aggiunge poi quest'altra «perla»: «Proponiamo un rafforzamento della quota proporzionale per evitare l'influenza delle estreme e restituire al Paese maggiore stabilità». Le parole sono pietre. Il taglio delle ali da noi è stato sperimentato per oltre un secolo e mezzo. Con il risultato che abbiamo sempre rimandato alle calende greche non dirò il bipartitismo all'inglese ma almeno quel bipolarismo che grazie a Berlusconi ha calcato la scena in quest'ultimo decennio. Se questo è lo scopo della riforma elettorale cara all'Udc, sappiamo quello che ci aspetta: una democrazia bloccata, un sistema privo di alternanza. Un ritorno all'antico.
Non è da meno Volontè. Con l'aggravante che lui è il presidente dei deputati dell'Udc. Incredibile ma vero, afferma: «La discussione sulla riforma elettorale sarà esaminata dagli Affari costituzionali della Camera prima della devoluzione. Non è un capriccio di Follini, ma una decisione assunta dalla conferenza dei capigruppo e fa parte del calendario dei lavori». Niente di più falso. Il calendario dei lavori della Camera - lo si è visto - dice esattamente il contrario. E poi il distratto Volontè dimentica che la commissione il 29 luglio ha già licenziato per l'aula la riforma costituzionale. Mentre la legge elettorale non a caso è ancora in mente Dei. Tanta distrazione probabilmente si deve alla circostanza che in commissione i deputati dell'Udc hanno fatto praticamente scena muta. Il 9 marzo D'Alia ha perorato pure lui audizioni di esperti. Il 16 giugno Di Giandomenico ha detto sì all'adozione del testo base. Il 28 giugno Volontè si è dichiarato favorevole - ma guarda un po' - a un adeguato approfondimento. Cosicché la commissione tornerà a riunirsi l'8 settembre dopo aver gettato la spugna il 6 luglio. Nessun deputato dell'Udc, nel corso delle tredici sedute della commissione, si è preso insomma il disturbo di entrare nel merito.
In compenso il terzetto rappresentato da Volontè, Di Giandomenico e la Mazzoni si è rifatto con gli emendamenti. Al testo unificato predisposto dal presidente della commissione Donato Bruno in qualità di relatore, adottato come testo base, lor signori - pensate - hanno presentato la bellezza di 141 emendamenti. Mentre gli altri gruppi hanno sottoscritto pochi emendamenti mirati, i deputati dell'Udc sono rimasti vittime - poveretti - del crampo dello scrivano. E, quel che è peggio, hanno sparato nel mucchio. Il che la dice lunga. Scimmiottando Calamandrei, si sono dati all'ostruzionismo di maggioranza. Con la differenza che nella maggioranza di centrodestra sono decisamente minoritari. E non possono neppure sperare nell'indulgenza dell'opposizione. Perché Ds, Margherita e Udeur hanno già detto picche all'ipotesi di una proporzionale che salga dal 25 al 75%.

Dopo essersela presa fin troppo comoda, adesso l'Udc vorrebbe accelerare a più non posso. Ma Follini, da quel fiero repubblicano che è, dovrebbe sapere che l'erba voglio non cresce nemmeno nei giardini del re.
paoloarmaroli@tin.it

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