«Chi ha ucciso Francesco Crisafulli voleva uccidere Francesco Crisafulli e soltanto lui. Punto. E labbiamo già identificato: sappiamo chi è, si tratta di un italiano di cui abbiamo nome e cognome, ma non labbiamo ancora trovato, lo stiamo cercando: aveva una forte rivalità con il morto, nata allinterno del quartiere poco tempo prima. Gli è salito il sangue alla testa e gli ha sparato. Lha riconosciuto un testimone». Il giorno dopo lomicidio di Franco «Ciccio» Crisafulli - fratello dei ben più noti Biagio (detto «Dentino») e Alessandro «Alex» Crisafulli, entrambi da tempo condannati allergastolo - Francesco Messina, dirigente della squadra mobile, fa chiarezza sul fattaccio avvenuto alle 21.40 di domenica nel cuore di Quarto Oggiaro, allangolo tra via Pascarella e via Satta, davanti al bar Quinto. E sgombera subito il campo del movente da qualsiasi ipotesi riconducibile a «dinamiche di criminalità organizzata strutturata» come le chiama lui. Ossia guerra tra clan, controllo del territorio, regolamento di conti o cose del genere.
«Laltra sera lassassino è arrivato da solo, a piedi, armato di pistola, una semiautomatica infilata nella cintola - spiega il capo della Mobile -. Allingresso del bar si è trovato davanti Crisafulli, siciliano, 57 anni a ottobre, pregiudicato per reati di droga, scarcerato con lindultino il 15 settembre 2005 dopo aver scontato un anno e 4 mesi, e altre tre persone, tutte incensurate: il tabaccaio di origine pugliese Nicola Brunetti, 56 anni; Agostino Molin Corvo, 53enne nato a Belluno, e lalbanese regolare Shkelaim Hoxha, 33 anni».
«Luomo armato, forse accecato da qualche rancore, da qualche conflittualità non di tipo mafioso, ma probabilmente nata allinterno del quartiere - prosegue Messina - giunto a 4-5 metri dal suo obbiettivo ha cominciato a sparare, ma solo verso Crisafulli. Otto colpi. Uno ha colpito il pregiudicato al viso, altri 3 o 4 al torace, uccidendolo; gli altri colpi di pistola hanno purtroppo centrato gli altri tre uomini presenti, persone per bene che erano lì per caso. Che hanno solo la colpa, se di colpa si può parlare, di essersi trovati nel posto sbagliato nel momento sbagliato».
Solo a quel punto - finita la sparatoria e scomparso lassassino, che se nè andato a piedi così come a piedi era arrivato - i feriti si sono rifugiati allinterno del bar Quinto le cui telecamere a circuito chiuso li hanno ripresi mentre si accasciano a terra: Brunetti, che allinizio sembrava gravissimo, ed è tuttora ricoverato al Niguarda in prognosi riservata per una ferita al petto, ma non è più in pericolo di vita; Molin Corvo, portato al Sacco, è ferito a un braccio, e Hoxha, finito al San Carlo, a una gamba e anche le loro condizioni stanno lentamente migliorando.
Qualche investigatore precisa: «Se si fosse trattato di unesecuzione non avrebbe coinvolto degli innocenti e sarebbe stata più mirata, senza tutte queste sbavature che indicano come lautore non fosse completamente in sé e sicuramente nemmeno un killer professionista.
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