Il regista famoso tornato in città per «una cosa da sogno». Lex marinaio che il Toti lha visto armare e ora lo accompagna a piedi per sette chilometri. Il giovane arrivato da Monfalcone, dove il sommergibile è stato costruito, con il Tricolore del padre, capo silurista del «killer del Mediterraneo». In 150mila hanno accompagnato il sommergibile nellultima tappa del suo viaggio. Lhanno toccato, visto sfilare tra i palazzi, costeggiare i monumenti. Un viaggio che ha scatenato applausi e cori da stadio. Un entusiamo che nessuno, alla vigilia, aveva immaginato.
«Lumore del gruppo? Ottimo, cè voglia di partire!». Il signor Alex, tuta gialla e blu, uno dei dieci manovratori, dà gas al secondo motore del carrello, quello sotto lelica. Sono le 21.04 e il Toti lascia via Toffetti, dove era in sosta da venerdì. Tremila persone applaudono al passaggio del sommergibile. Lo seguono a piedi, in bicicletta, le mamme spingono i bimbi sul passeggino. «Occhio al filo!», grida un signore. Il Toti curva a sinistra, passa dove i tecnici delle ferrovie hanno appena smontato due cavalcavia. Si inverte la marcia, adesso è lelica a «tagliare laria». Lanfranco Sandon, camicia bianca e cappello da marinaio, arriva da Como. «Ero a La Spezia quando il Toti è stato armato», racconta camminando svelto in via Varsavia. Molti si arrampicano sui muretti dellOrtomercato per scattare la foto coi telefonini, «così ti sembra di toccarlo», dice un ragazzo. Un altro giovane, asta con il Tricolore in spalla, segue il camion che trasporta torretta e copri sonar, ultimo pezzo del corteo. «Sono partito alle 15 da Monfalcone, mio padre sul Toti è stato capo sommergibilista. Lui non cè più, in Marina ha lavorato per quarantanni», racconta Stefano Porcu.
Il Toti si infila in via Cadibona. «Via, state indietro!», gridano i ghisa. Viene sfilato un cartello stradale tra gli «olè» della gente. Unora e mezza dopo la partenza il «tubo dacciaio» nero illuminato dai fari entra in viale Molise. Punta un palazzo verde allimbocco del controviale, la gente in terrazza lo vede avvicinarsi. Giovanni De Paoli, direttore tecnico della Fagioli, la ditta che ha trasportato il Toti nei 93 chilometri da Cremona a Milano, lancia le istruzioni via radio ai manovratori. Si procede piano, la curva riesce, come riesce quella, più stretta, per entrare in via Monte Ortigara. Tra le migliaia di persone con il naso allinsù cè anche Maurizio Nichetti. «Ero a Napoli, sono rientrato per vederlo - dice il regista, sistemandosi gli occhiali tondi da vista -. Che cosa mi sembra? Un film di Fellini. È una festa, un sogno: un sommergibile sospeso a mezzaria, è come vedere un elefante volare».
La strada si stringe. Via Anfossi è poco più larga del sommergibile (che ha un diametro di 4,5 metri). In migliaia lo attendono poco più avanti, in via Vicenza. Qui il carrello sfiora un palazzo giallo. «Ma come faranno!», sospira Maria, maglietta a righe e jeans, vedendo la sagoma nera sfilare sopra la sua testa. Per entrare in viale Regina Margherita il Toti punta nella direzione opposta, poi riprende la marcia, più svelto, verso Porta Romana. In via Gian Galeazzo lultima sosta. I tecnici smontano i cavi del tram, poco più avanti il genio pontieri monta una piattaforma-ponte. I manovratori rifiatano, Michele Perini, presidente del museo, affetta e distribuisce formaggio. «Arriveremo puntuali», dice Fiorenzo Galli, direttore del museo. E anche De Paoli sorride. «Sta andando tutto bene. La gente? Tantissima, in certi punti non riuscivamo a capire doverano le curve. Ma è stato bello così».
Sono le quattro e in strada, vicino al Toti, ci sono ancora centinaia di persone. Un gruppo di suore lha appena visto sfilare. «Da due ore eravamo qui», racconta la più giovane, argentina.
Il Toti supera piazza XXIV Maggio, arriva in piazza SantAgostino e curva in via Olona. Mancano pochi metri. Sono le 6.05, il Toti entra al museo. Il viaggio è durato dal tramonto allalba.
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