Zelig rischia la chiusura. Si parla del cabaret milanese e non del programma di Canale 5, ma forse è addirittura peggio perché il primo è il decisivo «laboratorio» del secondo. Per dirla in burocratese, «il Tribunale di Milano ha ufficialmente avviato la procedura di liquidazione giudiziale di tutte le società che fanno parte di Sg». Sg è la holding di Smemoranda della quale fa parte anche Zelig. In poche parole, come conferma Giancarlo Bozzo che, con Gino e Michele e Marco Posani, è ideatore del programma tv Zelig: «Stiamo pensando a come salvare tutto». A causa di pandemia, smartworking, dad e restrizioni nei viaggi, Smemoranda (specializzata in strumenti da scrittura e accessori di design e di viaggio), è stata azzoppata dalla crisi. Risultato: il gruppo ha siglato un contratto di licenza con Giochi Preziosi, annunciato ieri. E proprio ieri anche il cabaret milanese ha annunciato in una email inviata ad artisti e amici che senza interventi questa situazione «avrebbe comportato l'immediata chiusura del cabaret con le conseguenze umane, materiali e psicologiche» che tutti possono immaginarsi. Spettacoli annullati. Personale non pagato. Marchio a rischio (già ceduto a Rti per 6 milioni di euro a dicembre). Senza entrare nel dettaglio delle nuove società (la LezGo Studio srl) e delle procedure di liquidazione, Gino, Michele e Giancarlo Bozzo gestiranno il locale di viale Monza a Milano per almeno sei mesi, cioè quando si stima finirà la procedura liquidatoria. «Abbiamo affittato il ramo d'azienda».
Sia chiaro, Zelig Cabaret funziona bene, il cartellone è prestigioso ma gli appena 150 posti non consentono di far fronte ai costi giganteschi che ormai appesantiscono, spesso distruggono, locali e teatri. Non è un caso isolato: in tutta Italia queste realtà hanno il fiato corto, anzi cortissimo, confermando anche la scarsa attenzione del legislatore. Oltretutto, come garantisce Bozzo, «noi non abbiamo finanziamenti e nei prossimi tre mesi cercheremo di valutare i contorni finanziari, calcolando se possiamo sostenere le perdite oppure se saremo costretti inevitabilmente ad abbassare la serranda e chiudere tutto».
Di certo stupisce che una culla culturale come Zelig non riceva sovvenzioni ad esempio della amministrazione comunale del sindaco Sala, solitamente molto attenta a tutelare i patrimoni cittadini. «Noi cerchiamo di fare tutto il possibile ma se qualche istituzione si muovesse...». Bozzo ha un'ironia garbata, e forse dolente in questo periodo, e giustamente spera in un finanziamento «come hanno tanti altri in Italia». In sostanza sarebbero ben accetti «uno sponsor che copra le spese, un pazzo che si prenda a cuore questa situazione oppure il Comune...». Nel frattempo si cercano contromisure: «Vorremmo organizzare un corso online di scrittura comica coinvolgendo gli artisti di questo cabaret». Ma sarebbero palliativi, così come lo sarebbero anche gli spettacoli degli artisti di Zelig che si esibirebbero gratuitamente per raccogliere fondi: «Ma non basterebbe comunque». E dire che in trentasette anni sono passati da Zelig talenti che hanno fatto la storia della comicità, da Claudio Bisio a Silvio Orlando, Lella Costa, Antonio Albanese, Aldo Giovanni e Giacomo, Gioele Dix, Gene Gnocchi, Maurizio Milani, Dario Vergassola e via elencando.
In ogni caso, fino alla fine di giugno la programmazione di Zelig rimane intatta e pure il programma tv (in onda probabilmente a novembre) non subirebbe conseguenze.
Ma poi? Quella che emerge qui è la condizione tipica di quasi tutti i locali dello spettacolo italiano, sottoposti a feroci regimi fiscali e spesso abbandonati a loro stessi. Forse il «Caso Zelig» potrebbe aiutare a trovare gli strumenti giusti per risolvere il problema. Per sempre o, almeno, per un po'.
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