Immaginifico Jean Ray, il signore della paura che s'annida ovunque

Riuniti per la prima volta in un'edizione i suoi "25 racconti neri e fantastici"

Immaginifico Jean Ray, il signore della paura che s'annida ovunque
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Ci sono posti sgradevoli in cui è piacevole stare, per il gusto dell'orrido e/o perché si ha la certezza di uscirne, dopo qualche pagina. Sono antri grandi o piccoli, come la grotta di Polifemo, la stiva del «Grampus» in cui si nasconde il Gordon Pym di Poe, la casa del Raskol'nikov di Dostoevskij; oppure cadenti o sontuose dimore come i due castelli di Atlante nell'Orlando furioso di Ludovico Ariosto, il palazzo del signor Aarenhold in Sangue velsungo di Thomas Mann, il castello di Gormenghast dove Mervyn Peake ha ambientato l'omonima trilogia. Ma tutti questi luoghi, per quanto paurosi, soffocanti, disumanizzanti, hanno una loro ragion d'essere, e anche un loro senso logico. Hanno una funzione che chi ne scrive ha attribuito loro o che da loro subisce, come fossero creature ribelli e indomabili, come se anch'egli, l'autore, ne fosse prigioniero, in attesa di liberarsene.

Malpertuis, invece, è un'altra cosa. Non il primo Malpertuis che troviamo nel Roman de Renart, la collezione di poemi francesi datati fra XII e XIII secolo, dov'è la dimora di Renart, la volpe antropomorfizzata (come tutti i protagonisti del Roman): la tana della volpe, ovvero della malizia, dell'inganno, del male. Ma il secondo Malpertuis, geniale invenzione romanzesca di Jean Ray (1887 - 1964), il funambolico belga che visse in equilibrio tra fantastico, orrore, gotico e detective-story. In quella magione simile al domicilio (coatto) del conte Dracula stokeriano, abitano niente meno che le divinità olimpiche e pre-olimpiche. E vi sono doppiamente prigioniere: perché sono appunto lì, quasi a zero metri sopra il livello del mare, e non lassù, in vetta a un monte talmente alto da assumere la dimensione celeste, e soprattutto perché sono state umanizzate, come per una crudele nemesi, in personaggi minimi e grotteschi, da piccola bottega degli orrori.

Anche nei suoi 25 racconti neri e fantastici riuniti per la prima volta nel 1961 (e ora proposti da Agenzia Alcatraz, pagg. 535, euro 22, traduzione di Camilla Scarpa), Jean Ray si prende molte libertà. Un cimitero mobile, una vampira tradita che muore di gelosia, una sirena confinata in una palude, un ubriaco che torna a casa ma, non essendo quella casa sua, uccide un poveraccio credendolo un ladro, due killer che vogliono eliminarsi a vicenda, un appartamento dotato di una stanza-stomaco che divora le persone...

Nato e morto nella sonnolenta e uggiosa Gand, Jean Ray (questo è soltanto il suo più importante pseudonimo, si chiamava Raymond Jean Marie De Kremer) si divertiva anche a mettere in giro fake news su se stesso, spacciandosi per nipote di un'indiana sioux, pirata e contrabbandiere durante il Proibizionismo, marinaio con sette giri del mondo in carriera, domatore di leoni. Diceva anche di avere un personalissimo fantasma che usava come spirito guida. Ma forse questa è vera...

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