Impronte ai bimbi rom, Berlusconi convince la Ue

È un’immagine sbagliata, bisogna fare chiarezza sul provvedimento

da Roma

Italia razzista? Berlusconi non ci sta. E approfittando del faccia a faccia programmato con Barroso - di cui ha discusso ieri mattina del da farsi dopo la bocciatura irlandese del trattato di Lisbona, ma anche di economia e di Alitalia - tiene a spezzare una lancia in favore del pacchetto sicurezza, specie per quel che riguarda le iniziative sui “rom”, chiedendo al presidente della commissione Ue di farsi sentire anche lui come garante delle intenzioni del nostro paese. «Le impronte? Servono all’identificazione ma anche per mandare i bambini rom a scuola esattamente come i nostri!» tiene a rimarcare il premier.
Tutto nasce quando, dopo le dichiarazioni di circostanza della «piena intesa» tra Roma e Bruxelles, vien chiesto a Barroso cosa pensi del decreto all’esame delle Camere che ha trovato l’ostilità dell’Europarlamento. Il politico portoghese sostiene che gli sembra che tra Maroni e il commissario alla Giustizia francese Barrot si stia lavorando con profitto e annota compunto come il problema di coniugare diritti e sicurezza sia tema caldo in molti paesi, non solo nel nostro. È a questo punto che il premier italiano chiede di dir la sua sul tema.
Notando che «occorre fare chiarezza» invece che perseguire una «autoflagellazione» che finisce per «dare una immagine sbagliata» di quanto è all’esame del Parlamento. «Noi - dice Berlusconi - siamo per la politica dell’immigrazione e dell’accoglienza. Se c’è qualcuno che guarda con rispetto coloro che hanno preso la via difficile dell’emigrazione per cercare nel nostro paese una nuova vita, siamo proprio noi italiani, visto che nel passato tanti nostri compatrioti hanno fatto quella scelta. Il senso di quel che vogliamo fare - continua - è consentire una integrazione migliore di questi stranieri ed, eventualmente, respingere coloro che vengono qui non per lavorare, ma per delinquere come purtroppo ci dimostra il sistema carcerario in cui il 40% dei reclusi sono stranieri e in gran parte clandestini».
Ma quel che gli interessa - e ci torna - è fugare ogni presunzione di razzismo del suo governo. «Il fatto di assumere le impronte nei campi rom si riferisce alla necessità di verificare chi sono quelli che stanno in questi campi. E per quel che riguarda i bambini è il modo in cui si può riaffermare la ferma volontà del governo di mandarli a scuola per ricevere la stessa educazione offerta ai bimbi italiani. Nessuna offesa, dunque, bensì una volontà positiva: quella di renderli più integrati agli europei concedendo loro gli stessi identici diritti!».
Barroso ne prende atto. Annuisce. Torna a spiegare che gli pare una «eccellente collaborazione» quella messa in piedi da Maroni e Barrot. Ripete che lui, da numero uno della commissione, deve verificare la compatibilità delle legislazioni dei singoli paesi rispetto ai diritti Ue, tenendo conto però anche di una sicurezza fattasi traballante nell’Europa a 27. Evita di addentrarsi tecnicamente sul tema, ma è anche logico: attende il «piano» di cui ha detto di volersi far portatore entro fine anno Sarkozy. E dunque rinvia il giudizio, aspettando i frutti dei colloqui tra Maroni e il suo omologo europeo.
Ricco di complimenti invece è Barroso (che nella sua giornata romana ha incontrato anche Fini e Schifani ed ha parlato del trattato di Lisbona alle commissioni esteri di Camera e Senato) rispetto al piano economico triennale messo a punto dal governo di Roma: «Non posso che esprimere grande apprezzamento. Mi sembra una buona prospettiva soprattutto a medio termine, per le riforme da portare avanti per una migliore economia in Italia ed in Europa». Evita il presidente Ue di addentrarsi sul percorso minato Alitalia (con Berlusconi che fa presente come si stia lavorando per una compagnia «che non faccia perdite ma utili»), ma si dice grandemente fiducioso dell’importante apporto dell’Italia alla Ue.

Berlusconi lo ringrazia promettendogli un voto a breve sul trattato di Lisbona - e in serata il premier dice ai deputati Pdl che dovranno lavorare anche di venerdì per questo, anche se aggiunge che serve una Ue «sburocratizzata» e più attenta ai bisogni dei cittadini - ma anche e soprattutto manifestandogli la sua personale intenzione di rivederlo a capo della commissione l’anno prossimo, dopo la scadenza del mandato. «Con un presidente del Consiglio per semestre - rileva - sarebbe assurdo rinunciare all’intelligenza e all’esperienza di Barroso». Che incassa, soddisfatto, dando un arrivederci a presto «al caro amico Silvio».

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