Inchiesta: così il Sud butta via i soldi

Le regioni meridionali battono cassa ma hanno 6,8 miliardi e non li utilizzano. Anzi, rischiano di perderli tra cento giorn. Sicilia, sprechi da film: corso con 12 allievi costato 12 milioni

Inchiesta: così il Sud butta via i soldi

da Milano

Sei miliardi e ottocento milioni di euro da spendere entro il 31 dicembre. Eccolo il tesoretto del Sud, un patrimonio da investire, distribuire, erogare: altrimenti si perderà per sempre. Avere troppi soldi, così tanti da non sapere come spenderli: un destino comune solo alle superstar di Hollywood e alle regioni del Mezzogiorno, che questa settimana si sono viste recapitare un promemoria dalla Ragioneria generale. I Contabili dello Stato hanno ricordato alle sette regioni del meridione - Sardegna compresa - che i fondi europei non si possono dimenticare in cassaforte: o si riesce a spenderli o li si guarda mentre prendono la strada del ritorno, e rientrano nelle casse di Bruxelles per andare da qualche altra parte.
Una montagna di soldi che sono lì pronti per noi, ma che evidentemente i nostri politici e i nostri burocrati non vogliono. Sei miliardi e ottocento milioni di euro: forse non è tanto chiaro quanto siano. Ecco, per avere un’idea è un tesoro che vale quanto mezza manovra finanziaria annuale, tre volte lo sconto fiscale dell’Ici, nove passanti di Mestre, venti stadi olimpici come quelli di Pechino, il doppio del budget dell’agenzia spaziale europea, un’intera flotta navale da combattimento.
Anche considerando la capacità, più volte dimostrata dagli amministratori regionali, di saper prelevare a piene mani dalle casse pubbliche, riuscire a spendere 76 milioni di euro al giorno per 90 giorni è una sfida da non sottovalutare. Il problema poi è sempre come, però. «Vedrete, si scateneranno. Pur di non perdere i fondi, spenderanno a più non posso, pagheranno fatture per tutto». Questa la previsione che arriva dalla Ragioneria generale dello Stato, dove tra i corridoi e la macchina del caffè professionisti e tecnici si preparano a essere sommersi dal mare di fatture che da qui a breve arriveranno dai vari governatori, che in otto anni non sono riusciti a trovare una destinazione al 20 per cento dei 37 miliardi che l’Unione europea ha destinato loro nei Por (programmi operativi regionali) per interventi di sviluppo nel piano di finanziamenti 2000-2006.
Mediamente è stato speso l’81,7 per cento dei soldi disponibili, ma con differenze importanti: «La migliore performance attuativa - fanno sapere dalla Rgs - è quella del Molise, che ha già effettuato pagamenti per il 90,7 per cento dei contributi». Il che equivale a dire che nelle casse di Campobasso restano «solo» 43 milioni e 779 mila euro. Briciole, rispetto a quanto rimane nelle casse di palazzo a Santa Lucia, cioè alla Regione Campania, dove ci sono ancora un miliardo e 608 milioni di euro da investire - l’equivalente del 20,8 per cento dei fondi stanziati da Bruxelles. Riusciranno Bassolino e i suoi collaboratori a pagare lavori ed erogare contributi per 17 milioni e 869 mila euro al giorno? «Probabilmente ci arriveranno vicino - commentano dalla Ragioneria generale - considerando che nello scorso piano di finanziamenti, quello del 1994-1999, hanno superato il 90 per cento di spesa». Bene. Anche se, visto che nella seconda metà degli anni novanta la Campania ha investito 81 milioni di euro di fondi Ue per l’emergenza rifiuti - altri 170 dal 2000 a oggi - dubbi sull’urgenza di spendere questi soldi sono stati sollevati da più parti. Nello scorso gennaio l’allora ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani arrivò a commentare: «Piuttosto che vederli sperperati li rimando indietro. Meglio non spenderli che impegnarli male».
Il Molise il più virtuoso, la Campania la meno «spendacciona», nell’unica classifica in cui la propensione alla spesa è virtù.

In mezzo la Calabria, che ha ancora poco più di 708 milioni da spendere (equivalente al 17,5 per cento), la Basilicata (264 milioni - 15,5 per cento), la Puglia (869 milioni - 16,6 per cento), la Sardegna (730 milioni - 17,4 per cento) e la Sicilia (un miliardo e 602 milioni di euro, equivalenti al 18,9 per cento dei fondi stanziati). Sono lì, tutti per loro, tutti per i cittadini. Però sembrano congelati perché la politica e la burocrazia non si muovono. Il 31 dicembre è vicino, molto vicino. E c’è chi scommette che non tutti se ne siano accorti.

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