Tre morti violente, tre omicidi senza risposta. I carabinieri del gruppo di Monza in questi giorni stanno lavorando senza sosta per scoprire chi è il killer che lunedì scorso a Desio ha ucciso con una scarica di colpi calibro 7.65 limprenditore 51enne di origini agrigentine Paolo Vivacqua. Un omicidio che presenta diverse caratteristiche in comune con altri due fatti di sangue, sempre di competenza degli investigatori brianzoli, di cui ancora, a distanza di molti mesi, non si conoscono né gli autori né i moventi. Omicidi commessi nellhinterland milanese e con modalità che fanno pensare a regolamenti di conti di stampo mafioso.
È ancora un mistero, infatti, lassassinio di Pasquale Maglione, lavvocato 56enne di origine napoletana, anche lui freddato con 4 colpi di 7.65 al torace il 16 luglio 2010 mentre scendeva dalla sua Mercedes davanti allo studio-abitazione di via Garibaldi, a Rodano. Allinizio si pensa a uno scambio di persona, ma nel mirino degli investigatori finisce da subito un ben preciso consorzio di cooperative milanesi con un giro di affari miliardario i cui titolari già in passato hanno avuto problemi con la giustizia per ragioni legate allassociazione per delinquere di stampo mafioso. Maglione svolgeva infatti attività di consulenza per alcune grosse società occupandosi proprio dei loro rapporti con cooperative di facchinaggio e pulizia. Un mondo spesso popolato da personaggi legati alla malavita organizzata. Un mondo nel quale il povero avvocato era entrato forse troppo «a gamba tesa» perché era un uomo perbene e fin troppo preciso e scrupoloso per trattare concerti personaggi. Insomma: Maglione avrebbe voluto fare le cose come andavano fatte e, nello svolgimento del suo dovere, ha pestato i piedi a qualcuno che glielha fatta pagare con la vita.
Senza un colpevole è anche lomicidio di Giovanni Ghilardi, 42enne imprenditore edile di Lonno di Nembro, una graziosa località bergamasca della Val Serina, sparito da casa il 6 gennaio 2010 e trovato cadavere il 10 febbraio nel baule della sua Land Rover parcheggiata nella zona industriale di Gessate. Il giorno dell'Epifania, infatti, Giovanni Ghilardi si era allontanato dalla villetta di Lonno, dove lui, celibe e pare senza legami sentimentali, era rimasto a vivere (unico tra i 5 fratelli) con i genitori. «Vado a vedere l'Inter» aveva detto. E da allora nessuno l'aveva più visto. Il suo cellulare infatti squilla a vuoto per due giorni, poi probabilmente si scarica. Così l'8 gennaio uno dei fratelli ne denuncia la sparizione ai carabinieri. Il cadavere, che presenta due colpi di pistola alla testa, verrà ritrovato un mese dopo, durante un controllo casuale dei vigili di Gessate insospettitisi per quellauto parcheggiata lì da troppo tempo.
Giovanni Ghilardi, da tutti descritto come un uomo tranquillo, aveva un passato da dimenticare. Nel 1994, infatti, era stato arrestato per la rapina del'91 alla sede centrale della Banca popolare udinese, nel capoluogo di provincia friulano. Il processo evidenziò però che le sue colpe erano di gran lunga inferiori a quelle degli altri tre complici e il giovane, dopo aver scontato pochi anni di galera, venne assolto. Da allora non aveva più fatto parlare di sé per motivi legati alla legge. Anzi: è morto prima di sapere di aver ottenuto 150mila euro in una causa di risarcimento riguardante proprio quel caso.
In questi mesi dindagine lelemento che ha colpito l'interesse dei militari emerge dall'analisi dei conti bancari dell'uomo che ha trovato conferma nei suoi contatti telefonici. È così che linchiesta si è focalizzata su un giro di usura in provincia di Bergamo nel quale Ghilardi sarebbe andato a finire. Sembra che luomo prestasse denaro a tassi d'interesse eccessivi, illeciti.
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