Le incredibili vite da film fra boss, demoni, disastri

Emiliano Morreale, scrittore e studioso, è stato Conservatore della Cineteca Nazionale di Roma dal 2013 al 2016. "L'ultima innocenza" è il suo primo romanzo.

Le incredibili vite da film fra boss, demoni, disastri

Negli anni '90 Ciprì e Maresco gestirono una sala cinematografica alla periferia di Palermo, il «Lubitsch». Come a dire il regista delle dive upper class, degli abiti da sera, delle corse in fuoriserie. E tuttavia non è con la descrizione di quella sala che si mette in moto il formidabile meccanismo de L'ultima innocenza (Sellerio), libro con cui Emiliano Morreale studioso di cinema, fa il suo ingresso nel mondo della narrativa; e nemmeno quando se ne riporta l'assurda programmazione: retrospettive su registi russi o serate a tema su argomenti respingenti (lo spettatore più assiduo? «Un giudice che, appena sostenuta l'accusa nel processo contro Giulio Andreotti, aspettava il verdetto d'appello nella sala semivuota»).

Il vero inizio del racconto, piuttosto, coincide con la scena in cui compare un ometto e si fa consegnare le pellicole del film che avrebbe dovuto essere proiettato qualche ora dopo, Cape Fear di Scorsese. L'ometto è il figlio del boss Michele Greco detto «il Papa», allora ancora incensurato, in seguito condannato all'ergastolo. «Vedendomi allarmato per il destino delle bobine, il proiezionista mi rassicurò: Scorsese per lui è Dio. Ha una sala di proiezione privata. Ha promesso che lo vede subito e ce lo riporta per la proiezione di stasera». Greco aveva anche prodotto la commedia sexy Crema, cioccolato e pa... prika nella quale, dopo anni di separazione, tornavano a recitare insieme Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Il figlio del «Papa» vi giocava anche il ruolo di attore. Morreale suggerisce che in un certo senso l'uomo si limitò a passare dal metaforico al letterale, vista la frequenza con la quale il padre ricorreva al gergo cinematografico. «Siccome il mio nome faceva cartellone, si costruì questa montagna di calunnie disse durante il processo per giustificare l'arresto. Signor presidente, la rovina dell'umanità sono certi film. Film di violenza, film di pornografia. Perché se Contorno, anziché Il Padrino, avesse visto Mosè...».

Nei successivi cinque capitoli, salpato da una Sicilia irredimibile, l'attenzione dell'autore si concentra su vicende altrettanto grottesche, sempre legate al mondo del cinema. Un regista ebreo polacco, scampato ai russi e ai tedeschi, decide di votarsi a una pellicola poi perduta su un demone della tradizione ebraica, il Dybbuk... E un regista ebreo di sinistra diventa l'autore più richiesto del cinema nazista; l'ultimo film, talmente intriso di morte da disgustare lo stesso Goebbels, viene proiettato all'Ufa di Alexanderplatz nel gennaio del '45, «unico cinema rimasto in piedi dopo i raid alleati».

L'ultima innocenza è un libro senza riempitivi dominato da un gioco al rialzo che rasenta la mitomania: ogni snodo è più inverosimile del precedente e tutti assieme formano una rete che intrappola implacabilmente i personaggi. L'autore riserva per sé una cauta autofiction, ma il resto è tutto documentato. Nelle pagine finali compare un'attrice americana fallita, Dorothy Gibson, scampata all'affondamento del Titanic. Il giorno dopo il salvataggio, il marito le propone di girare un film sul naufragio e lei accetta. Sul set, indossa l'abito di seta che aveva a bordo. Passa un mese e la pellicola è nelle sale, giunge la celebrità, è «la ragazza del Titanic».

Poi prende lezioni di canto, uccide un uomo con l'automobile, diventa il modello della moglie del magnate di Quarto potere. Alla fine della seconda guerra mondiale, Indro Montanelli la aiuterà a evadere dal carcere di San Vittore e a raggiungere la Svizzera. A quel tempo, un incendio ha già distrutto tutte le copie del film.

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