Ingv, 600 esperti per dire che il sisma è un rebus

Friuli 1976, Enzo Boschi appare in tv e dice: «È stato un sisma terribile, purtroppo la scienza non è ancora in grado di prevenire i terremoti...». La stessa frase, l’autorevole presidente dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia), la ripeterà anche 4 anni dopo in occasione del sisma dell’Irpinia; idem nel 1997 per il terremoto in Umbria e nel 2002 quando la terra tremò in Molise. Il medesimo concetto Boschi lo ha replicato pure l’altroieri, all’indomani della scossa dell’ottavo grado Mercalli che ha squassato l’Abruzzo.
Boschi è un uomo affascinante, ha una bella chioma bianca, insomma è uno che buca il video: sarà per questo che, dopo ogni sciagura tellurica, tutte i media se lo contendono chiedendogli un parere illuminante. Che però, ormai da decenni, è sempre lo stesso: «È stato un sisma terribile, purtroppo la scienza non è ancora in grado di prevenire i terremoti...».
Se poi il giornalista si azzarda a chiedere «ma quando la scienza sarà in grado di prevenire un terremoto?», Boschi lo fa tremare con uno sguardo carico di magnitudo: «A questa domanda è impossibile rispondere!».
C’è chi considera queste parole del presidente dell’Ingv una dimostrazione di «saggia prudenza» (atteggiamento sempre auspicabile in uno scienziato) e chi invece lo bolla come una «prova di impudenza» (atteggiamento mai auspicabile in uno scienziato). Prima di prendere posizione, è bene però sapere che l’Istituto diretto da Boschi è un enorme carrozzone all’interno del quale è possibile trovare di tutto di più.
«La nostra missione principale - spiega infatti il professor Boschi - è il monitoraggio dei fenomeni geofisici nelle due componenti fluida e solida del nostro pianeta. All'Ingv è affidata inoltre la sorveglianza della sismicità dell'intero territorio nazionale e dell'attività dei vulcani italiani attraverso reti di strumentazione tecnologicamente avanzate, distribuite sul territorio nazionale o concentrate intorno ai vulcani attivi. I segnali acquisiti da tali reti vengono trasmessi in tempo reale alle sale operative dove personale specializzato, presente 24 ore su 24, li elabora per ottenere i parametri dell'evento in atto».
Per tutto ciò l’Ingv con le sue 7 sedi (Roma, Milano, Bologna, Pisa, Napoli, Catania, Palermo) incassa ogni anno finanziamenti statali per svariati milioni di euro che però non sono ritenuti «insufficienti» dai vertici dell’istituto che dal 1999 (anno in cui fu costituito) ad oggi - dopo accurate ricerche e dettagliati studi - è giunto alla fondamentale conclusione che «non è possibile prevedere dove, quando e con quale energia si scatenerà un evento sismico». E dire che l’Ingv non conta certo su un organico scarno: ben 600 ricercatori lavorano, ad esempio, sul monitoraggio del radon, proprio il gas che il discusso Gioacchino Giuliani considera il principale elemento-spia per prevedere l’arrivo di un violento terremoto.
Ma anche su questo punto all’Ingv ci vanno cauti con le certezze scientifiche: «Siamo ancora in una fase di ricerca sperimentale e non di un metodo di sorveglianza del territorio -, si rammarica la professoressa Fedora Quattrocchi, responsabile dell’unità di geochimica dei fluidi dell’Ingv -. Se si costruisse una rete capillare di stazioni radon su tutto il territorio italiano si potrebbero ottenere dati utili da incrociare con i rilevamenti sismografici».


Ma la dottoressa Quattrocchi appare sconsolata: «Peccato che ogni stazione costi 10 mila euro e per costruire un sistema scientifico occorrerebbero circa 2 milioni di euro».
Qualcuno è già pronto a batter cassa?

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