"Ecco il giardino segreto della nostra intelligenza"

La neuroscienziata spiega come coltivare il cervello per tutta la vita, grazie alle scoperte più recenti

"Ecco il giardino segreto della nostra intelligenza"

Anche nel nostro cervello, debitamente annaffiato, possono continuare a sbocciare fiori, cioè neuroni, non solo fino a che siamo giovani, ma perfino da adulti, e in tarda età. È il sogno di una mente sana in un corpo sano... (quasi) per sempre, alimentato dalle scoperte più recenti. Ne parla la neuroscienziata di fama internazionale Michela Matteoli, che dirige il programma di Neuroscienze dell'ospedale universitario Humanitas a Milano, nel suo nuovo saggio, La fioritura dei neuroni (Sonzogno, pagg. 154, euro 17). Nel libro precedente, Matteoli ci aveva raccontato Il talento del cervello (Sonzogno 2022); oggi ci spiega «Come far sbocciare la nostra intelligenza per tutta la vita».

Professoressa Matteoli, è davvero possibile?

«Secondo il rapporto 2024 della commissione Lancet, il 45 per cento delle demenze sono prevenibili o dilazionabili nel tempo attraverso l'acquisizione di stili di vita corretti. Insomma possiamo davvero coltivare la salute del nostro cervello».

Perché?

«Il nostro cervello è plastico: è capace di rispondere agli stimoli, di apprendere e di modificarsi e lo fa per tutta la vita, anche se la plasticità è massima fino all'adolescenza. Uno dei punti che affronto nel libro è la presenza di possibili nicchie di neurogenesi, ovvero aree in cui nascono nuovi neuroni, per tutta la vita».

Esistono?

«Esistono sicuramente fino all'adolescenza, mentre la discussione è aperta riguardo alla loro esistenza anche nell'età adulta e nell'invecchiamento. Nell'uomo, fino a oggi, la scienza non ci dà una risposta certa, perché i dati sono ancora controversi».

Lei che cosa pensa?

«Penso che le nicchie continuino a essere presenti e che la loro efficienza nel produrre neuroni rallenti progressivamente, e che finora non siamo stati in grado di dimostrarlo per problemi tecnici, di laboratorio. Però dico anche: va bene così. I risultati della ricerca cambiano, di più: devono cambiare, perché la scienza evolve. E lo fa grazie al lavoro di tutti i ricercatori. A Yale è scritta una frase di Platone: i portatori di torce si fanno luce gli uni con gli altri...».

Se le nicchie esistono, si aprono anche delle possibilità terapeutiche grazie alle staminali neurali?

«Il fatto che esistano nicchie in cui nascono nuovi neuroni è una possibilità affascinante. Fa pensare che possa essere utile nell'invecchiamento, per sfruttare o potenziare le funzioni di queste nicchie quando c'è una malattia degenerativa e i neuroni iniziano a morire».

È così?

«Fino ad ora, e sottolineo fino ad ora, gli esperimenti su modelli animali, come i roditori, dove sull'esistenza delle nicchie di neurogenesi anche nell'animale adulto non ci sono dubbi, non sono riusciti a dimostrare di poter valorizzare queste cellule neonate per risolvere problematiche di neurodegenerazione; però questo non preclude che cellule staminali possano aiutare comunque in applicazioni cliniche».

Per esempio?

«Nel laboratorio di Gianvito Martino al San Raffaele cellule staminali di derivazione embrionale sono state recentemente utilizzate in pazienti con sclerosi multipla, con un impatto clinico positivo. E attenzione, non perché queste cellule si trasformino in neuroni che si sostituiscono ai neuroni morti, come si pensava, bensì perché esse sono in grado di rilasciare sostanze positive per il cervello: la loro presenza migliora tutto l'ambiente cerebrale e favorisce la rigenerazione e il recupero strutturale e funzionale. Ora dobbiamo vedere se questo approccio sia estendibile ad altri tipi di malattie».

Che altro?

«Le cellule staminali possono essere valorizzate anche in vitro, senza essere ritrapiantate nel cervello: possiamo ottenere staminali dalla pelle o dal sangue e in laboratorio trasformarle in neuroni. E non è tutto, possiamo farle organizzare in strutture tridimensionali, dette organoidi o minibrain, che riproducono alcune delle caratteristiche fondamentali del cervello e che sono formate da cellule del paziente; il che è molto importante e ci permette, per esempio, di avere dei modelli per studiare l'effetto dei farmaci. Quindi di sicuro nei prossimi anni capiremo se esistono o no le nicchie di neurogenesi ma, nel frattempo, ci sono già moltissime altre possibilità. E poi il nostro cervello, la nostra intelligenza e le nostre capacità possono comunque andare avanti a fiorire per tutta la vita».

Come?

«Grazie al nostro patrimonio di sinapsi, le strutture che connettono i neuroni e consentono la trasmissione delle informazioni e che sono la sede della plasticità. Il loro numero può aumentare e il loro funzionamento rafforzarsi o, al contrario, indebolirsi, e questa plasticità in termini numerici e di potenziamento è qualcosa che avviene per tutta la vita. Ed è una risposta a una serie di stimoli esterni: il cervello risponde alla regola di Use it or lose it, usalo o perdilo, quindi va fatto lavorare».

Dobbiamo studiare?

«Quando apprendiamo, leggiamo, suoniamo uno strumento o compiamo qualunque attività che stimoli l'interesse e la curiosità, le sinapsi aumentano di numero e si rafforzano. Lo dimostrano gli esperimenti in laboratorio con i topi esposti a un ambiente arricchito, cioè stimolante».

E negli umani?

«Lo dicono le risonanze. Per esempio, si è visto che nei tassisti londinesi l'ippocampo ha una dimensione maggiore, perché è la zona deputata all'orientamento nello spazio e loro l'hanno fatta lavorare più degli altri».

Come un quadricipite?

«Come un quadricipite. Andiamo in palestra? Così dovremmo allenare anche il nostro cervello, innanzitutto attraverso l'apprendimento e, su tutto, la lettura, che è importantissima per aumentare sia la sostanza grigia, che è costituita dai corpi cellulari e dalle sinapsi, sia la sostanza bianca, composta dagli assoni ricoperti dalla mielina».

Che altro dovremmo fare?

«Attività fisica. Quando svolgiamo un'attività, specialmente aerobica, nel cervello si produce Bdnf, il fattore neurotrofico cerebrale, che è importante per aumentare la plasticità e il numero di sinapsi e per favorire i processi di neurogenesi. Ed è tutto gratis... Poi il sonno».

Dobbiamo dormire?

«È fondamentale. Mentre dormiamo, nel cervello ha luogo una sorta di manutenzione e di ripulitura delle scorie e, contemporaneamente, di immagazzinamento e consolidamento delle memorie. Un altro aspetto cruciale sono le relazioni sociali, perché le persone più sole, dicono gli studi, sono più inclini alla demenza e a un maggiore carico infiammatorio».

È tutto?

«Una buona dieta. Perché appunto un nemico del cervello è l'infiammazione, che aumenta con l'invecchiamento: quindi è necessario ridurre il carico infiammatorio nel corpo, anche con il regime alimentare. Ora tutto questo ha delle basi molecolari e scientifiche: possiamo tenere in forma il nostro cervello».

Perché dice che le sinapsi sono «il cuore pulsante dell'intelligenza»?

«Perché sono il cuore del funzionamento del nostro cervello: attraverso l'apprendimento si potenziano e ci consentono di formare un tesoretto, una riserva cognitiva nel corso della nostra esistenza, la quale deriva dalla capacità che abbiamo avuto di

raccogliere informazioni, studiare, imparare... E questa riserva è importantissima nei periodi più tardivi. Ricordiamo quello che ha detto la Commissione Lancet: il 45 per cento delle demenze sono prevedibili. Un numero enorme».

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