Tutti offendono tutti, ma nessuno si offende più. Nazista, fascista, razzista, antisemita, mafioso, hitler, videla, scemo: ormai le parole svolazzano iperleggere, sradicate, intercambiabili, svuotate di peso culturale e storico, voci qualsiasi in un parolaio senza chiaroscuri. Alla magistratura ormai abbiamo delegato persino di decidere che cosa sia lesivo della nostra dignità: non si dice più «mi hai offeso», si dice «è un reato». A far la differenza dovrebbe esser rimasto solo il pulpito, il chi sia a dire che cosa.
Chi se ne frega, dunque, se una qualsiasi comiziante di Piazza Farnese ieri ha additato «i delinquenti che oggi occupano le istituzioni italiane»: è solo una ragazzetta. Ma ieri un capo-partito, Antonio Di Pietro, ha definito «mafioso» un comportamento della prima carica dello Stato. Mentre Franco Frattini, un ministro, il giorno prima aveva definito «antisemita» (non anti-sionista, non anti-israeliano, non insopportabilmente fazioso) Annozero di Santoro, applaudito da un’altra parlamentare che in passato aveva definito fascista e antisemita anche il vignettista Vauro e persino me.
Intanto, inosservato, il capogruppo dell’Italia dei Valori, Pierfelice Zazzera, ieri ha definito «nazista» Pietrangelo Buttafuoco, proposto come componente dell’Istituto nazionale per il dramma antico. Buttafuoco ha risposto: Zazzera è un cretino.
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